martedì 5 febbraio 2013

Tuttavia.

Eppur si scrive” è stato, fino ad oggi, un corso di scrittura narrativa e poetica di base. Se preferite, un corso di scrittura creativa.
Il che significa: ragioniamo insieme su temi come l’ispirazione e il metodo. Incontriamo i personaggi delle storie, guardiamo come sono vestiti, osserviamo come si muovono, cosa fanno, dove vanno, come parlano, come litigano e come fanno l’amore.
Scomponiamo le storie che già sono state scritte. Inizio, sviluppo, finale. Rimontiamole, mescoliamone i pezzi, riscriviamole. Immaginiamo finali differenti. Chiediamoci: e se invece fosse successo questo? E se invece fosse successo quest’altro?
Scegliamo le voci narranti. Immaginiamone il tono, il timbro, la cadenza. Chi racconta la storia? Che effetto farebbe sentirla da qualcun altro? E se i Promessi Sposi li avesse narrati l’Innominato? O Agnese? Quanto sarebbe stato diverso? Tanto, certo. Eccetera eccetera.
E poi, c’è la poesia. Cosa sarebbe il mondo senza la poesia?
Scriveva Valerio Magrelli quasi un anno fa che la poesia “è un contagio gioioso, sotterraneo, ciclicamente pronto a riemergere improvviso.”
E, oggi più che mai: “... la parola poetica suggerisce e può illuminare proprio per la sua brevità. E questa sembra essere diventata la sua forza. La poesia, diceva Zanzotto, ha l’istantaneità del pixel televisivo, dato che il suo movimento si realizza su quel piccolo telaio di sillabe che è il metro. Ecco perché, di sua natura, si rivela portatile, veloce, trasmissibile. Al pari di una staffetta, infatti, i versi passano di mano in mano, di display in display […]”
“Eppur si scrive”… narrativa e poesia, dunque. Fino ad oggi. Versi e racconti, avendo cura di nascondersi bene dietro le storie che stanno dietro a quei versi e a quei racconti. Soprattutto, dietro a quei racconti.
E avendo cura di scrivere bene. Di scrivere pensando che qualcuno leggerà ciò che abbiamo scritto, e che dovremo far divertire, pensare, rilassare, commuovere, intrattenere. Oltre la scrittura puramente introspettiva, dunque. Oltre il diario che da adolescenti riempivamo di ineffabili (e impresentabili) affanni.

Tuttavia.

E sottolineo, tuttavia.

Se “Eppur si scrive” fosse anche “Scrivere per stare meglio”? Scrivere per guarire. Scrivere per chiarirsi le idee. Scrivere per fronteggiare il dolore. Scrivere per curare le ferite. Scrivere per allenare i muscoli. Scrivere per sollevare lo sguardo. Scrivere per ritrovare la felicità.
 
Questi benefici li osservo su di me già quando scrivo racconti. Mi sento meglio, dopo. E anche durante. Però sono effetti collaterali, non cercati, non voluti, seppure graditi.
Forse si potrebbe lavorare in modo più focalizzato, in un corso che potrebbe chiamarsi, sulla scia del lavoro dell'autrice Louise DeSalvo (edita, in Italia, da Dino Audino Editore),
 
"Scrivere per stare meglio".
 
Vi piacerebbe?

 

Giuliana Salerno