Per chi si fosse perso l'incontro con Carmine Abate sabato 24 marzo all'auditorium della biblioteca, questo riassunto vi ricorda che si tratta di uno scrittore, poeta e saggista di origine calabrese, che ha vissuto a lungo in Germania per poi decidere di abitare in Trentino; e che questa sua mobilità, nonché i saggi e i romanzi da lui pubblicati, gli sono valsi la definizione di narratore dell'emigrazione. Il moderatore Fabio Celsi lo introduce così, sottolineando la capacità dell'autore di vivere per addizione, cioè saper conservare le proprie radici, ma nello stesso tempo costruirne altre, in una continua ricerca della propria identità anche attraverso la scoperta dell'alterità e della diversità.
La collina del
vento è il suo ultimo lavoro. Si tratta di un romanzo dalla trama
complessa, la storia della famiglia Arcuri attraverso quattro generazioni; sullo sfondo, costante, la vera protagonista, la
collina del Rossarco, luogo reale e dell'anima sul quale si svolgono gli
avvenimenti più significativi della storia.
Sulla storia : "È la storia di una
famiglia che non si arrende" dice Abate", Né ai soprusi del
latifondista, né a quelli della mafia, o ai "signori del vento", cioè
quelli che stanno costruendo parchi eolici dappertutto e senza nessun criterio.
Per questo La collina del vento è un romanzo impegnato. Spero di aver lasciato
qualcosa su cui riflettere".
L'autore poi ci legge l'Incipit, che parte con un omicidio: sembra l'inizio di un giallo, ma
poi la storia prende tutta un'altra piega e diventa una saga famigliare.
Sui personaggi: "Alcuni di loro sono rindinelle ianche, cioè persone fuori dal comune capaci di resistere
ai poteri forti, al male. In ogni mio libro c'è un personaggio straordinario
che resiste (qui è Arturì) perché sento l'esigenza di raccontare queste persone
e il loro coraggio.
I figli di questi grandi padri fanno una cosa che oggi i figli non
fanno tanto volentieri: ascoltano, accettano il dialogo, accettano di vivere
per addizione".
Sul suo essere lo scrittore dell'emigrazione: "Non rinuncio alle mie origini (alle
quali, comunque, non puoi sottrarti) però, vivendo altrove, non rinuncio ad
acquisire altre radici, radici volanti, come fa la magnolia, che sono altrettanto
rigogliose. Vivere per addizione significa non dover scegliere fra la lingua
del cuore e quella del pane. Inoltre il fatto di vivere fuori ti regala un
nuovo sguardo, che altrimenti non potresti avere. I figli dovrebbero sempre
crescere con la memoria storica della propria famiglia, perché quello che sono
oggi dipende da quello che è stata la loro famiglia nel passato. Ciononostante
mi sento uno scrittore del presente. Il recupero della memoria non è nostalgia,
ma serve a illuminare il presente".
Poi, grazie ai "ragazzi" del corso parliamo di scrittura:
"Lo scrittore,
citando Elias Canetti, è il custode della metamorfosi: grazie
alle sue parole, alle sue storie, la memoria si trasforma, fino a farsi
presente".
Sulle fonti: "Bisogna saper ascoltare, cogliere le sfumature, le
immagini, le emozioni. Le mie fonti, in particolare, sono stati spesso i
contadini, grandissimi narratori capaci di mantenere viva l'attenzione degli uditori con il ritmo
giusto, la suspence perfetta, il linguaggio adeguato.
Così deve fare lo
scrittore. Ma deve anche sapersi estraniare, vedere dal di fuori le storie, in
modo da raccontarle senza retorica, senza guardare al proprio ombelico. Perché
la vera letteratura non è raccontare semplicemente una storia, ma deve
diventare metafora, insegnamento universale, evocazione simbolica.
Il mio più grande informatore, specie per
questo libro, è stato mio padre, scomparso poco prima che fosse concluso e al
quale l'ho dedicato".
Sul Trentino: " Il Trentino c'è, in questo libro, grazie al
personaggio di Paolo Orsi, persona reale, archeologo di fama internazionale, che interagisce con i personaggi inventati. I
miei personaggi del nord sono sempre l'occhio distaccato sul sud, sono
personaggi ponte fra le due culture, che osservano senza pregiudizi".
Sui personaggi femminili: "Sono donne forti, emblema di quella
realtà matriarcale della Calabria, dove sembra che comandino gli uomini (solo che
loro hanno un ruolo pubblico, vanno al bar, alle sedi di partito ecc.), ma in
realtà nelle famiglie comandano le donne. Le nonne, in particolare, sono
personaggi potentissimi".
Sull'amore: "Nelle mie storie i rapporti d'amore sono sempre gioiosi;
qui non troverete divorzi, conflitti amorosi ecc. e la sensualità è in ogni
pagina, si avverte anche nelle descrizioni dei paesaggi, della collina".
Sul linguaggio: " È importante, per
me, l'uso del dialetto, o meglio delle espressioni dialettali, perché sono loro
a portare a galla le storie: sono esche vive, che catturano il lettore
attraverso la lingua ancora prima che attraverso la storia".
Sulla cura della lingua: " Cerco la freschezza narrativa; la
cura, la fatica, il mestiere, non devono venire fuori, perciò il lavoro di
revisione deve essere particolarmente accurato".
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