martedì 29 marzo 2011

Diario del 5° incontro - 26 marzo 2011 - Ricomincio dall'incipit

Ecco il quinto, prezioso manoscritto. Grazie a Donata per la cura con cui ha saputo dare senso e unità a frammenti che, senza il suo impegno, sarebbero andati smarriti.
Giuliana Salerno
                                              ***
L’avventura continua! Passo dopo passo, e senza averne consapevolezza, ci si trova dentro ad un incredibile gioco che ci sta portando, attraverso un percorso decisamente stimolante, verso un finale che non conosciamo e che sarà diverso per ognuno di noi. Per questo la voglia di ritornare ogni sabato pomeriggio  è sempre più forte.  E oggi, sabato 26 marzo…
“Ricomincio dall’incipit”.
I lavori riprendono con un breve riepilogo degli argomenti trattati nell’incontro precedente. Si fa di nuovo il punto sulle caratteristiche del racconto e del racconto breve, sulla differenza tra fabula e intreccio, sulla struttura classica di una storia, che si snoda attraverso inizio, sviluppo, climax, scioglimento e finale (non necessariamente in quest’ordine).
La scaletta
Giuliana sottolinea che, dopo un lavoro preliminare in cui ci saremo avvalsi della mappa mentale e del free-writing, utili a individuare la direzione nella quale vogliamo muoverci nel nostro percorso di narrazione di una storia, è importante passare a un approccio più “strutturato” realizzando una scaletta di riferimento. Questa scaletta conterrà le varie parti della nostra storia e sarà divisa, a seconda di ciò che andremo a scrivere, in scene e/o capitoli. Si potrebbe iniziare immaginando la prima scena e quella finale, ad esempio, e poi, man mano, riempire spazi e tempi intermedi. Ovviamente la scaletta non dovrà essere d’intralcio all’immaginazione e all’ispirazione ma, al contrario, divenire strumento flessibile sul quale muovere gli elementi a seconda delle necessità poste dal nostro testo, via via che questo prenderà forma. Ed ecco che, per fissare il concetto e anche per riderci su, sullo schermo compaiono le immagini di uno scaletto in legno e di una vera e propria scala mobile! 
“La collana” di Maupassant
Fatte queste premesse, passiamo ad analizzare le caratteristiche del racconto di Maupassant “La collana”. Identifichiamo la struttura composta da incipit, sviluppo, apice, scioglimento e finale. Fiorenza evidenzia un incipit della vicenda a suo parere spostato molto lontano dalla parte iniziale del testo. Interviene quindi Daniela, e dopo alcune osservazioni da parte di altri componenti del gruppo, si conclude sottolineando il taglio tradizionale, molto descrittivo, “ottocentesco” del racconto, quasi improponibile per il lettore di oggi che è abituato ad andare subito al punto.
L’incipit
Si passa  ora all’approfondimento del concetto di “incipit” .
Giuliana cita Roberto Cotroneo, il quale nel suo Manuale di scrittura creativa afferma di “scrivere per sedurre il mondo”. Giuliana fa anche un riferimento a Proust, che nella Recherche dedica una trentina di pagine alla descrizione di una notte insonne, prima di iniziare a dare qualche elemento della storia! Scelta inconcepibile, oggi, questa, data la concorrenza di una copiosa produzione libraria che impone agli autori che desiderano essere letti di fare uno sforzo per distinguersi attirando il lettore con uno stile snello e seduttivo.
Quando si scrive bisogna sempre immaginare il potenziale lettore a cui sarà destinata la nostra opera. Vanno quindi concentrati nelle prime righe o nelle prime pagine elementi che, accendendo la curiosità di chi si accinge a sfogliarlo, aumentino le possibilità che il nostro libro venga letto. Può anche capitare, ovviamente, che ci siano degli ottimi incipit in libri che poi risultano non essere all’altezza di quegli “attacchi”: un libro mediocre non viene salvato da un incipit mirabolante, così come è vero che esistono libri nei quali è un più faticoso “entrare”, ma che poi aprono le porte di mondi indimenticabili.  
Tornando al nostro argomento, pare sia davvero difficile stabilire un’unica caratteristica che renda un incipit particolarmente efficace.  Sicuramente, è bene che le prime righe siano d’impatto e che contengano qualche indizio sul mondo che quella storia andrà a costruire.
L’incipit dovrà essere allora breve, leggero, fluido.  Si pensi all’incipit di Sostiene Pereira di Antonio Tabucchi, lieve e multisensoriale pur nella drammaticità degli eventi che verranno man mano rievocati.                     
Potrà contenere delle domande, sempre efficaci a stabilire un rapporto diretto con il lettore. A questo proposito vengono portati ad esempio l’incipit delle Catilinarie di Cicerone, davvero coinvolgente, e l’attacco di Non avevo capito niente, di Diego de Silva. Quest’ultimo incipit consiste in una frase che, pur in assenza di punto interrogativo, si può leggere come domanda: “Perché si va a passeggio alla fine di un amore”.                         
In altri casi, l’incipit potrà farti “rovesciare il caffè“, come fa notare Alessandro Lucchini nel suo prezioso volume Business Writing e come riescono benissimo Kafka ne “La metamorfosi” e Jules Verne nel dialogo serratissimo che dà inizio alla vicenda de L’isola misteriosa (o meglio, catapulta il lettore nel bel mezzo di quella vicenda).
Esistono poi incipit meno efficaci, ad esempio quelli che sono troppo ricchi di particolari. Il rischio, in questi casi, è di rivelare troppo all’inizio e di non lasciare spazio a nessuna curiosità, che poi è il motore che fa andare avanti nella lettura. Sicuramente molto incisivo è l’incipit che sbalza il lettore nel mezzo di una situazione di tensione, lì dove l’azione è in pieno svolgimento.
Volendo fare a tutti i costi una schematizzazione – sempre tenendo presente che qualsiasi tentativo di classificazione riferito all’incipit potrebbe rivelarsi fuorviante – distinguiamo tra incipit “ad avviamento lento” (quello che ti fa scivolare per gradi nella vicenda narrata) e incipit “fulminante” (quello che con poche parole ti cattura e ti fa rimanere avvinto alle pagine del libro).
Laboratorio di scrittura
È arrivato il momento di lavorare sul libro che ciascuno di noi, su invito di Giuliana, ha portato da casa. Rimandiamo ad un altro momento ogni approfondimento sul perché abbiamo scelto proprio quel libro e ci dedichiamo all’esercizio: dobbiamo stabilire se l’incipit è fulminante o lento e, in entrambi i casi, se “funziona”, se svolge cioè il compito di attrarre a sé il lettore. In qualunque caso, quell’incipit dovremo riscriverlo.                                                                                                     
Il gruppo è impegnato nell’impresa e il tempo passa veloce, troppo! Le note dell’adunata interrompono i pensieri e, a partire da Daniela, ognuno legge il proprio lavoro. Giuliana fa notare che l’incipit non deve necessariamente corrispondere all’inizio della vicenda narrata e che, comunque, è possibile scriverne una prima versione – o non scriverlo affatto in prima battuta – per poi tornare a rielaborarla più avanti, a lavoro di scrittura quasi ultimato.  
A questo punto Giuliana assegna il “compito” per sabato 2 aprile: scrivere l’incipit  del nostro prossimo racconto!  Fermento in aula: pare che nessuno avesse questo progetto…                                                         
Anche la bolletta della luce ha un incipit,” conclude, sorridendo, Giuliana.
Peccato, il tempo è volato. Avrei voluto restare ancora ma mi devo accontentare di portare con me quello che queste ore hanno lasciato: la voglia di continuare!!! A sabato prossimo!
Donata C.

Scaletta d'autore

lunedì 28 marzo 2011

Esercizio per sabato 2 aprile

Presto scritto:

Scrivi l’incipit di un racconto. Il tuo racconto! E, se ti senti ispirato (o ispirata), continua a scrivere.

                                                                     ***

Per gli assenti di sabato scorso, ecco una sommaria definizione di incipit:

“La formula iniziale, le prime due-tre frasi con cui inizia un testo. Ha il compito di dare inizio alla storia, non solo in senso banalmente tecnico, ma anche nel senso di introdurre il lettore nel mondo che quella particolare storia andrà a costruire.”

Ecco anche la definizione tratta da Wikipedia (neretto mio):

“La voce verbale latina incipit (pronuncia ìncipit; dal verbo incipĕre, 'incominciare') è la parola iniziale della formula latina che introduce - talvolta anche con il nome dell’autore - il titolo di un’opera; in filologia e bibliografia con l’incipit si fa riferimento alle prime parole con cui inizia realmente un testo.

Se nella terminologia canonica, la voce incipit definisce propriamente la parola o la frase iniziale di un qualsiasi componimento, l’uso che viene fatto nell’attuale critica letteraria moderna è più esteso. Non solo, dunque, la prima parola o la prima frase, ma l’intera tranche d’avvio, che può essere di lunghezza diversa.”

Chi ben incomincia...

Giuliana Salerno


Archeologia creativa



Da Il popolo di Eppur si scrive – pagina Cultura & Folklore. Importanti aggiornamenti potrebbero pervenire a breve da Donata, impegnata in queste ore a condurre delicate operazioni di archeologia subacquea nel mare prospiciente le coste trevigliesi. 

In particolare, autorevoli esperti hanno indicato il fondale dell’Atollo della Biblioteca, ridente isola di origine vulcanica meta di centinaia di migliaia di visitatori l’anno, quale sito di altissimo interesse geo-archeologico. Nel tratto di mare che divide l’isola dal Golfo di Treviglio sono stati effettuati, negli ultimi mesi, ritrovamenti di notevole pregio: un vero e proprio museo sommerso di manufatti di Epoca Cartacea. Reperti che testimonierebbero la presenza di una civiltà dedita a studi in vitro e in vivo di molecole appartenenti a un non meglio precisato “organismo creativo”.

La squadra diretta da Donata lavora oggi all’estrazione di un delicato documento che, secondo il parere di eminenti papirologi, sarebbe strettamente correlato ai quattro – ancora in fase di decrittazione – già riportati in superficie nelle ultime settimane. Dai primi rilievi, sembrerebbero mancare all’appello ancora sette di questi reperti, diversi tra loro ma tutti presumibilmente parte di uno stesso misterioso disegno.

Ancora pieni di meraviglia per le sorprese riservateci dalle terre emerse e sommerse delle nostre Tre Villae, crocevia nei secoli di civiltà e culture, restiamo in attesa degli sviluppi della missione per rendervene prontamente partecipi.

Dalla nostra inviata sull’isola
Giuliana Salerno





martedì 22 marzo 2011

Diario del 4° incontro - 19 marzo 2011 - Smontiamo (e rimontiamo) il racconto

Dal diario di viaggio di Fiorenza. Non una virgola dell’incontro è andata persa. Le parole si rincorrono fitte fino a un finale che fa venir voglia di… esserci.
Grazie, Fiorenza.
Giuliana

***

Sabato 19 marzo 2011, quarto incontro del nostro laboratorio.
Nostro, perché siamo un gruppo formato: non solo perché ci siamo presentati e ci conosciamo per nome, ma soprattutto perché sappiamo qualcosa gli uni degli altri.
Giuliana, infatti, ci ha condotti con garbo e maestria a parlare e scrivere di noi, spontaneamente, senza timore di essere giudicati.
Sono stati i primi difficoltosi passi: un lavoro introspettivo che, forse, ci ha colti di sorpresa, ma che sta già producendo i suoi frutti.
Dalla scorsa settimana ci stiamo esercitando sui racconti, in particolare abbiamo sviluppato e poi concluso un testo d’autore del quale conoscevamo solo la parte iniziale.
Oggi, dopo la restituzione degli esercizi assegnati negli incontri precedenti, Giuliana si sofferma individualmente per commentare le note e le osservazioni ai singoli testi, portandone alcune all’attenzione di tutti.
Dopo la lettura  della parte finale del racconto di Moravia “L’incosciente”, entriamo nel vivo del tema odierno: costruire una storia.
L’introduzione è affidata alla lettura di un brano di Dino Buzzati, un racconto breve, intenso, tratto dalla raccolta Centottanta racconti.
Ci scambiamo apprezzamenti e considerazioni sull’incipit. Notiamo che il testo presenta un cambiamento di soggetto: le “casse”, sulle quali l’autore ha incentrato la prima parte del racconto, si tramutano in ricordi, divengono i giorni perduti, il tempo che non ritornerà più.
Non si tratta di un refuso: la scelta è studiata, voluta; l’insolito procedere ha sovvertito il modello classico, è uscito dai canoni del racconto. L’effetto è forte – personalmente ne rimango affascinata – cresce riga dopo riga il senso di angoscia per ciò che oramai è perso, irrecuperabile.
I nostri pensieri corrono, l’interesse è alto!
Ma qual è la struttura base del racconto? Giuliana ci indica i punti che costituiscono lo schema classico: iniziosviluppo, culmine (o anche acme, o climax), scioglimento, finale.
La fabula, ci precisa, presenta i fatti così come si susseguono, in ordine cronologico e logico, ma l’intreccio ne farà una storia.
Nella programmazione iniziale del lavoro, dopo la pianificazione degli eventi, occorre identificare i punti e gli elementi da porre in collegamento per sviluppare la storia.
Proviamo ad immaginare un personaggio principale, una linea descrittiva generale e tutti quegli elementi che, posti in relazione tra loro, possano concorrere a rendere la narrazione interessante.
Immaginiamo di voler scrivere una storia nella quale si verifichi un incidente d’auto. Raccontarlo all’inizio, prima di fornire qualsiasi sulle persone coinvolte e sulla loro vicenda, non sortirà lo stesso effetto che farlo dopo essersi soffermati sulla giornata del protagonista, sulla sua personalità, su quella del conducente dell’altro veicolo coinvolto, intrecciando e concatenando tutti gli elementi utili.
La decisione che assumeremo su come collegare tutti i pezzi della storia costituirà la trama del nostro racconto.
In previsione del lavoro che ci assegnerà, Giuliana sintetizza i punti che contraddistinguono il racconto breve: brevità (appunto); pochi personaggi, i caratteri peculiari dei quali saranno generalmente desumibili dal testo e non da accurata presentazione; unità della narrazione, ovvero un unico nucleo narrativo per spazio, tempo ed azione, con una vicenda centrale, alla quale potranno collegarsi altri eventi; evoluzione del personaggio.
Ci suggerisce di fare uno schema preliminare allo svolgimento del lavoro intervenendo poi, in caso di necessità, sull’ordine iniziale, tenendo d’occhio l’equilibrio tra le parti della storia che stiamo scrivendo.
Abbiamo varie domande da porre, soprattutto in ordine al punto di partenza, all’intreccio. Giuliana cita Stephen King, per il quale c’è solo una “situazione” da cui partire. Ma lui è Stephen King! Allora, per il momento, ci accontentiamo di mettere a punto i “fondamentali”.
E il rapporto tra culmine e scioglimento? Non sempre sono momenti diversi, lo scioglimento può essere assorbito dal culmine, per esempio con un colpo di scena. Ed ecco che la nota di Giuliana al mio esercizio mi risulta più chiara!
Non si tratta, dunque, di regole ferree: penso al racconto di Buzzati e vorrei saper scrivere così, poche parole, capaci di evocare altre suggestioni e di scavare in noi, parole che si colorino di tutti i significati che il lettore vorrà vedere.
Veniamo messi alla prova: dobbiamo scrivere un breve racconto che contenga la situazione presentata in aula.
Non è semplice per me, non sono immediata. Si inizia, ma il tempo vola e suona ben presto l’adunata… Qualcuno è già riuscito ad abbozzare il racconto e lo legge.
Continueremo a casa, come esercizio per sabato 26 marzo.
La pioggia battente ed un temporale che ricorda quelli estivi ci riportano al presente: non so voi, ma io, per due ore, mi sono sentita in un’altra dimensione. 

Fiorenza T.


sabato 19 marzo 2011

Esercizi per sabato 26 marzo

Pubblico le tracce degli esercizi per il 26 in modo da aggiornare subito gli assenti di oggi. Scrivetemi pure se vi occorrono chiarimenti (il primo esercizio potrebbe suscitare qualche interrogativo...).

Buona scrittura!

Giuliana Salerno

Esercizi per sabato 26 marzo

1) Scrivi un breve racconto che contenga la situazione presentata in aula:

Siamo nella sala d’aspetto di uno studio. C’è un solo cliente in attesa del suo turno. Improvvisamente la porta dello studio si apre e ne esce, trafelata, una donna. È minuta, sulla quarantina, ben vestita. Si avvia quasi correndo verso l’uscita. Ha in mano alcuni oggetti, tra cui un pacchetto avvolto in carta da imballaggio e una busta da lettere. Fa fatica a sorreggerli, perché ha un braccio ingessato. E difatti la busta le cade sul pavimento, ma lei non se ne avvede. “Signora, non faccia così…” Sono le parole del titolare dello studio, che l’ha seguita fino all’ingresso. Ma la donna si è ormai involata giù per le scale.

Questa situazione potrà comparire nella parte iniziale, nel corpo centrale o alla fine del racconto. Dovranno essere chiariti il ruolo e la vicenda della donna, le ragioni del braccio ingessato e il contenuto del pacchetto e della busta.


2) Porta in aula un libro che hai amato o apprezzato. Raccontaci le ragioni per cui quel libro ti ha conquistato.


3) Leggi il racconto “La collana” di Guy de Maupassant e dividilo nelle parti che lo compongono. In particolare, individua l’incipit, lo sviluppo, il climax, lo scioglimento e il finale.  


Fuori programma

Gentili Siore e Siori,

e se Fabula e Intreccio fossero i personaggi di una storia? Fabula precisina e in ordine e con i capelli sempre a posto e Intreccio tutto dubbi e false partenze, al punto da iniziare ogni discorso dalla fine e imbrigliarsi nei lacci e lacciuoli delle trame che lui stesso ingarbuglia?

Bene, chi non era in aula oggi avrà intuito che Fabula e Intreccio sono venuti a trovarci. E, con loro, i colleghi Inizio, Sviluppo, Climax, Scioglimento e Finale. Sapeste le storie che ho dovuto inventare per convincerli a partecipare all'incontro. E per metterli d’accordo, poi!
Inizio non la smetteva più di fare il vanesio: continuava a ripetere che è lui a “rimorchiare” il lettore, che senza di lui il libro non se lo compra nessuno.
Sviluppo avrebbe fatto a meno di tanti preamboli: “Bisogna pur andare al sodo, mio caro…" ha replicato. "E poi, ammettilo: senza di me non c’è storia”.
Climax, l’avreste dovuto vedere. Un tipino tutto nervi, teso come una corda di violino. Non riusciva neanche a parlare, tanto sembrava travolto dagli eventi.
Scioglimentopardon, dénouement – era il più rilassato di tutti. "Il più è fatto, si procede di gran carriera verso la fine dei lavori”, mi ha confidato facendo stretching, un attimo prima di entrare in aula.
E Finale? Un personaggio d’altri tempi, capace di grandi slanci, gesti commoventi, prove di coraggio e… anche lui, però, ragazzi, che mestieraccio. Perché per lui, vivere significa necessariamente… finire.

Giuliana Salerno

giovedì 17 marzo 2011

Esercizio per sabato 19 marzo

Cari amici,

in attesa di vedervi sabato, trascrivo qui le tracce dell'esercizio di questa settimana.
A presto, Giuliana


°°°

Scegli una delle seguenti opzioni:

  1. Scrivi lo sviluppo e il finale del racconto “L’incosciente” di Alberto Moravia tratto da Racconti romani, Bompiani editore. In aula abbiamo interrotto la lettura alla frase “inforcai la bicicletta e mi diressi verso la villa di quel signore, giù per la Cassia”.

  1. Scrivi lo sviluppo e il finale del racconto “La parola mamma” di Alberto Moravia tratto da Racconti romani, Bompiani editore. Il testo che hai ricevuto in aula si interrompe alla frase “Passai quell’ora di attesa, camminando per le strade […]”.

  1. Scrivi lo sviluppo e il finale del racconto di un autore non meglio precisato (ne parleremo la prossima volta!), di cui hai ricevuto in aula queste generiche coordinate (si tratta di un incipit modificato rispetto alla versione originale del testo):

C’è un uomo molto ricco, Roberto, che ha appena acquistato una villa molto bella e sontuosa. Una sera, rincasando, si accorge che un uomo sta portando via una cassa dalla sua proprietà e sta uscendo attraverso una porticina del muro di cinta. Quest’uomo carica la cassa su un camion. Roberto si affretta verso il camion, ma quando arriva sul luogo in cui aveva avvistato l’uomo il camion è già partito. Allora Roberto sale in auto e segue il camion, che fa un percorso molto lungo, supera la periferia della città e prosegue nella campagna, fino ad arrivare in un posto isolato dove il camion si ferma sul ciglio di una scarpata. Roberto scende dall’auto e si avvicina all’uomo, che intanto ha scaricato dal camion la cassa e l’ha scaraventata nel burrone. Inoltre, gli fa notare che nel burrone ce ne sono molte altre. Roberto gli chiede che cosa siano quelle casse, che cosa contengano.

mercoledì 16 marzo 2011

Diario del 3° incontro - 12 marzo - Primi passi nel mondo del racconto


Pagina ricca di colori, di voci e anche di musica. Grazie, Sara!
Treviglio, 12 marzo 2011

Sono le 15 , torno alla biblioteca di Treviglio, mi aggiro tra gli antichi porticati, immagino chi ha abitato questi luoghi, scatto una foto con il cellulare al cortile e conservo. Vado al bagno, la porta è ricoperta di fogli di parole, sopra il volto di una donna dalle labbra rosse vi è dipinta. Prendo il telefono, scatto e conservo. Prima porta sulla sinistra, leggo gli annunci fuori, sbircio nell’ aula – Giuliana ha tagliato i capelli –
 taglio dinamico – penso. E’ quasi primavera.
Entro nella stanza, c’è musica e movimento. Bene. Mi siedo al secondo banchetto sulla destra, arrivano gli altri corsisti. Eccoci – “Eppur si scrive”.
Si spegne la musica, sul video slide della struttura dell’ incontro, un giro tra i tavoli per un ripasso dei nomi, si apre con Daniela e si chiude la curva con Carmen. Iniziamo con la prima domanda:

Per chi scriviamo?
La scrittura è comunicazione, si scrive per gli altri, bisogna farsi capire dunque! Interroghiamoci sulle storie che vogliamo raccontare, che universo stiamo dipingendo? Chi si può riconoscere? Che tipi sono i nostri lettori? Quanto ci somigliano? Riescono a sentire le nostre parole? Dovrebbero avere un linguaggio ed una sensibilità vicina alla nostra. Italo Calvino sosteneva:

“Bisogna trasformare le storie individuali in qualcosa di universale.”
Creare uno spicchio di mondo nel quale le persone si possano riconoscere, oltre l’io andiamo al noi, seducendo!!! È Roberto Cotroneo a sostenere:
“Io scrivo per sedurre il mondo.“
Conduciamo i lettori dentro le nostre storie, coinvolgiamoli nel mondo del racconto.
Giuliana legge una delle lettere di Italo Calvino, tratta da I libri degli altri (circa 300 lettere scritte nei 36 anni di collaborazione con l’ Einaudi); lo scrittore esorta il destinatario a porre attenzione al linguaggio, alla sua struttura, lo esorta a far intravedere qualcosa di nuovo senza parlare troppo di se stesso, a portare un mondo visto con i suoi occhi che lasci degli interrogativi aperti. Calvino sottolinea che la migliore scrittura nasce dalla difficoltà, non dalla scrittura veloce e facile.
"Insisti dove la penna sembra fermarsi!"
Si inizia con la seconda parte dell’ incontro, quella operativa, infatti si legge e si scrive:
E se succedesse questo…?
Giuliana ci distribuisce le fotocopie di un racconto di Moravia tratto da “Racconti romani”, e poi aggiunge attribuendo alla sua scrittura proprio le caratteristiche delineate da Calvino nelle Lezioni americane:
leggerezza (linguaggio), esattezza (la scelta delle parole) rapidità (di lettura), visibilità (le scene che appaiono come fotogrammi di un film), molteplicità (le voci dei racconti).
Dina legge a voce alta ed espressiva una parte del racconto “L’ incosciente”... “Vedi, non c’ è coraggio e non c’ è paura… ci sono soltanto coscienza ed incoscienza…” Non male come interpretazione e opinione del reale, ecco il mondo che intriga! Finita la lettura, abbiamo a disposizione 30 minuti per costruire il finale al racconto, Giuliana ci invita a ipotizzare una struttura e dopo di che, iniziare a scrivere. Accidenti, questo non l’ho mai fatto! Va bè! Abbozzo tre diverse idee, molto vaghe. Inizio a scrivere lasciando che sia la penna a trascinarmi in una direzione che sembra essere diversa dal ragionamento iniziale, ma seguo la corrente, tra segnacci nervosi, cancellature e riscritture. Sbircio il quaderno dei miei compagni di banco, mi accorgo che Carmen e Stefano hanno riempito le pagine in modo che, appare al primo sguardo, preciso e ordinato! Avranno idee più ordinate e focalizzate! Dico tra me. Guardo il mio quaderno e mi accorgo di trovare delle regole nel mio disordine. Creo regole, ipotesi per poi aggirarle o saltarle. Trasgredirle.
Mi sorrido, come sono italiana!
Scorrono i minuti, suona il campanello allo scadere del tempo ed iniziamo a leggere i nostri finali.
Ognuno ha fatto agire il suo protagonista in modo differente, alcune storie sono molto creative e divertenti.
Il racconto è scritto in prima persona, ma ci si può divertire ad entrare in terza persona, ad introdurre nuovi personaggi, ad inserire dialoghi… piena libertà!
Torno a casa, un po’ sovraeccitata dall’atto creativo. La strada sembra interminabile, insorgono nella mente immagini della continuazione del mio racconto, ho voglia di scrivere, subito, adesso.
Sara M.

lunedì 14 marzo 2011

Riepilogo del primo incontro (26 febbraio 2011)

Salve a tutti,

ecco una sintesi degli argomenti trattati nel corso del nostro primo incontro.

Abbiamo iniziato leggendo alcuni brani dal libro On Writing di Stephen King, soffermandoci sulla necessità di scrivere e leggere molto per coltivare il nostro talento di narratori e sull’utilità (sempre secondo King) dei corsi di scrittura nei quali sia concesso “dedicare grande parte del proprio tempo al proprio piccolo mondo dei sogni”.

Dopo le presentazioni, abbiamo letto e commentato un estratto da un articolo pubblicato da la Repubblica del 4 gennaio 2011. Si tratta di una serie di interviste a scrittori più o meno noti, tra cui Mario Vargas Llosa, premio Nobel per la letteratura 2010, il quale così ha risposto sulle ragioni che lo hanno portato a scrivere:

Scrivo perché imparai a leggere da bambino e la lettura mi procurò tanto piacere, mi fece vivere esperienze tanto entusiasmanti, trasformò la mia vita in una maniera così meravigliosa che credo che la mia vocazione letteraria fu una sorta di traspirazione, di derivazione da quella enorme felicità che mi dava la lettura.
In un certo modo, la scrittura è stata come il rovescio o il completamento indispensabile della lettura, che per me continua a essere la massima esperienza di arricchimento, quella che più mi aiuta ad affrontare qualsiasi tipo di avversità o fallimento. D'altra parte, scrivere, che all'inizio è un'attività che si mischia alla tua vita con le altre, con la pratica diventa il tuo modo di vivere, l'attività centrale, quella che organizza del tutto la tua vita.
La famosa frase di Flaubert che sempre cito: - Scrivere è un modo di vivere -. Nel mio caso è stato esattamente così. È diventato il centro di tutto ciò che faccio al punto che non concepirei una vita senza la scrittura e, ovviamente, senza il suo complemento indispensabile, la lettura.

Ci siamo dunque posti anche noi la domanda: “Perché scrivo?” e abbiamo lavorato insieme su questo punto, indagando le ragioni che ci spingono a scrivere e gli obiettivi – se ce ne sono – che ci proponiamo di realizzare attraverso la scrittura.

Con la lettura di “Domenica sera”, una delle prime poesie di Raymond Carver, abbiamo gettato uno sguardo sul mondo di questo autore dalla vita dissestata, ma letterariamente significativa per chi nutra un particolare interesse per la narrativa cosiddetta “breve”. La prosa asciutta e precisa di Carver ci ha, quindi, condotto a Hemingway e al suo “principio dell’iceberg”, che consiste nel rappresentare soltanto la parte emersa dell’iceberg, corrispondente a circa un ottavo dell’intera massa di ghiaccio. La porzione di iceberg che rimane sommersa è tutto ciò che l’autore sceglie di non raccontare e che, nello stesso tempo, conosce bene. La capacità di Hemingway (che è anche di Carver e degli autori più grandi) consiste nel saper scegliere cosa raccontare e cosa tacere. A questo proposito mi viene in mente la celebre frase “La sventurata rispose” con la quale Manzoni, come ricorderete, allude alla relazione di Gertrude con Egidio (siamo nel X Capitolo de I promessi sposi). Nel paragrafo successivo la seduzione si è già compiuta: “In que’ primi momenti, provò una contentezza, non schietta al certo, ma viva”. Anche in questo alludere e poi (pietosamente?) omettere è la grandezza del Manzoni.

Anche Italo Calvino ci ha dato un contributo – e molti ancora ce ne darà! – con le sue Lezioni americane, così fitte di notizie e suggestioni da poter riempire, da sole, una trentina di laboratori di scrittura. La lezione a cui abbiamo fatto riferimento è quella dal titolo “Esattezza”, nella quale Calvino appare perfettamente in tema per l’attenzione – nel suo caso quasi maniacale – all’uso di un lessico e di una sintassi accuratamente scelti, soppesati, vagliati. Riporto, di seguito, una parte del testo proposto in aula:

“[…] Mi sembra che il linguaggio venga sempre usato in modo approssimativo, casuale, sbadato, e ne provo un fastidio intollerabile. Non si creda che questa mia reazione corrisponda a un’intolleranza per il prossimo: il fastidio peggiore lo provo sentendo parlare me stesso. Per questo cerco di parlare il meno possibile, e se preferisco scrivere è perché scrivendo posso correggere ogni frase tante volte quanto è necessario per arrivare non dico a essere soddisfatto delle mie parole, ma almeno a eliminare le ragioni d’insoddisfazione di cui posso rendermi conto. La letteratura – dico la letteratura che risponde a queste esigenze – è la Terra Promessa in cui il linguaggio diventa quello che veramente dovrebbe essere.”

 Prima di congedarci, abbiamo parlato di free-writing (scrittura libera) e della opportunità di “imbavagliare” il critico che è dentro di noi quando siamo ancora alla ricerca di idee per i nostri testi e possiamo permetterci di procedere, per così dire, a briglia sciolta. Ecco alcuni suggerimenti per sciogliere i muscoli in questa primissima fase di elaborazione e per entrare in contatto con i primi pensieri, quelli che ancora non sono stati condizionati o mediati dal nostro “censore interno”.

         Inizia da un punto qualsiasi
         Scrivi velocemente
         Dimentica stile, ortografia, grammatica e punteggiatura
         Libera la mente, non lasciarti invischiare dalla logica
         Sentiti libero (o libera)
         Lascia fluire immagini, pensieri, parole, emozioni
         Se proprio non hai niente da dire, scrivi che non hai niente da dire J
         Mettici il cuore! ♥

Il titolo di questo primo incontro era “Voglia e paura di scrivere. Ritrovare la propria voce”. Di seguito, alcuni dei testi citati in aula:
Calvino, Italo, Lezioni americane, Palomar Srl e Mondadori, 1993.

Carver, Raymond, "Vicini" da Vuoi star zitta per favore?, Garzanti, 1992.

Carver, Raymond, “Domenica sera”, da Il nuovo sentiero per la cascata, Traduzione italiana di Riccardo Duranti, Roma, Minimum fax, 2001.

Hemingway, E., Il principio dell’iceberg. Intervista sull’arte di scrivere e narrare, a cura di G.Plimpton, Il nuovo melangolo 1996.

King, Stephen, On Writing. Autobiografia di un mestiere. Sperling & Kupfer, 2001.

A presto per gli aggiornamenti, il diario del terzo incontro al quale Sara starà già alacremente lavorando (vero, Sara? ;-), ulteriori notizie bibliografiche, le tracce degli esercizi per sabato 19 (ci sarà almeno un papà da festeggiare in aula, da quello che so!).


Giuliana Salerno


mercoledì 9 marzo 2011

Diario del 2° incontro - 5 marzo 2011 - Scrivere il memoir

Ringrazio Daniela per la prima, intensa pagina di diario del laboratorio "Eppur si scrive".
Un caro saluto a tutti voi
Giuliana


E’ il 5 marzo 2011, ore 15. Il centro civico culturale di Treviglio è immerso nel silenzio. E’ sabato e non ci sono gli studenti che durante la settimana animano il bel chiostro della biblioteca. La sala dove mi trovo insieme a quelli che chiamerò “amici di penna” è luminosa, calda, con una lavagna vecchio stile, sulla quale qualcuno ha disegnato il cappello di un alpino e la bandiera d’Italia, a celebrare la ricorrenza dei 150 anni dell’unità.
Siamo in 18, per la maggior parte donne e pendiamo dalle labbra della nostra dolcissima insegnante di scrittura creativa. Si chiama Giuliana. Non sappiamo molto di lei, ma ci ha ispirato subito fiducia e ci ha messo a nostro agio. E’ il nostro secondo incontro. Per un po’ di tempo, ogni sabato, saremo un gruppo di lavoro, “amici di penna”  appunto, che cercheranno di trovare dentro di sé e nel confronto con gli altri la spinta e l’ispirazione per scrivere.
Perché vogliamo scrivere? Abbiamo cercato di spiegarlo durante la prima lezione, quando ci siamo presentati e abbiamo elencato le nostre motivazioni. Insieme abbiamo scoperto che scrivere rappresenta per noi la sintesi di molti bisogni: il bisogno di comprensione, di chiarezza, di comunicazione, di condivisione. Il bisogno di capirsi meglio, di fissare i pensieri, di provare piacere nel farlo. Poi lo abbiamo messo per iscritto, come primo “compitino” a casa.
La seconda lezione è partita con la proposta di questo “diario di bordo” e con la decisione di scrivere, una volta ciascuno, la cronaca degli incontri.
Dopo l’auto-presentazione della nuova arrivata Francesca, Giuliana ha chiesto se qualcuno di noi aveva voglia di leggere il lavoro fatto a casa. In quel momento è stato come tornare a scuola, quando la professoressa chiedeva se qualcuno volesse offrirsi volontario per l’interrogazione. Ci siamo fatti piccoli, ci siamo guardati un po’ smarriti, sperando di non essere obbligati a farlo. E invece…
”Vi costringerò!” ci dice candidamente, suscitando una risata . Poi spiega: “Ci troviamo a vivere una situazione che non si ripeterà: la possibilità di vivere una dimensione poco comune alla scrittura, cioè il GRUPPO. Il gruppo ci contiene, ci aiuta, ci dà il passo. Nel momento in cui condividiamo quello che è dentro di noi, immediatamente gli altri ce lo restituiscono arricchito”.
Fa una similitudine con l’adolescente che chiede di uscire da solo e va incontro a nuove esperienze. Inevitabilmente, quando tornerà a casa,sarà diverso. Come saremo diversi noi alla fine di ogni incontro.. Quindi approfittiamone e via alle letture ad alta voce. Due soltanto le regole: VIETATO STRONCARE, e BENVENUTI SUGGERIMENTI !
Parte Laura, che legge il suo “Perché scrivo”. Poi tocca a me, leggo la lettera che mi sono spedita, contenente l’esortazione a scrivere. Nonostante sia abituata a leggere in pubblico, provo paura ed emozione. Non è come leggere le notizie!
E’ la volta di Marino, che legge il suo scritto, nel quale lui diventa Berto. E’ già un racconto e ci complimentiamo con lui.
Segue una discussione sul racconto di Raymond Carver, dal titolo “Vicini”. Siamo tutti concordi nel ritenere il suo stile piacevole e intrigante. Discordanti invece i pareri su quello che c’è sotto, i famosi “sette ottavi dell’iceberg”. Le donne trovano elementi negativi come invidia, incomunicabilità , mancanza di sincerità, comportamenti inquietanti. Un uomo, Stefano, vede invece tutto positivo, il ritratto di una coppia felice.
E’ strano come un racconto possa davvero essere interpretato in modi anche molto differenti fra loro!
 La cosa ci piace e qualcuno propone di ripetere l’esperienza della lettura critica anche nei prossimi incontri.
Il tempo vola, lasciamo Carver per cominciare a parlare della MAPPA MENTALE, cioè quelle associazioni di idee che si vengono a creare nel momento in cui pronunciamo una parola o una frase. Questo modus operandi è molto utile per il genere MEMOIR. Il Memoir è il modo di raccontare i ricordi così come affiorano alla mente, senza avere alcun carattere oggettivo o pretese cronologiche. E’ una rielaborazione del passato come vogliamo ricordarlo, in maniera puramente soggettiva. La sua struttura è quella di un presente narrativo durante il quale un evento suscita il ricordo, si entra in una storia passata per poi tornare nel presente.
Penso in quel momento che un racconto così potrei anche riuscire a scriverlo. Dopotutto, se non bisogna “barare”, ma conoscere quello di cui si scrive, cosa c’è di meglio di un ricordo che appartiene soltanto a noi stessi?
Poi il gioco si fa duro e si passa ai fatti: si scrive! Nel giro di pochi minuti dobbiamo scegliere cinque ricordi e svilupparne un paio. Scrivo i primi cinque che mi vengono in mente e poi mi pento della scelta… mi prende il panico, ma ormai è fatta. Comincio con “Era il primo giorno di scuola” e mi viene incredibilmente facile. Passo poi a“ Kim, il terrore della via”, dedicato al mio cane, qui i ricordi si accavallano e il lavoro diventa più faticoso. Poi è STOP! La campanella…anzi , la sveglia! Su questo lavoro dovremo tornare una volta a casa per trovare eventuali connessioni fra i due ricordi scelti.
Il tempo a nostra disposizione è finito e ci salutiamo. Mi sento stanca, non so se questa sia anche la sensazione dei miei amici di penna. Stanca, ma felice. Esco all’aria fresca e ho la percezione di aver fatto qualcosa di appagante. Per tutto il tragitto che mi porta all’automobile non faccio che pensare a quello che potrei scrivere, e come .Un’ euforia che mi fa pensare di star facendo qualcosa di veramente entusiasmante e, dopo tanto tempo, soltanto mia.
Mia e dei miei amici di penna, naturalmente!
Daniela I.

lunedì 7 marzo 2011

Esercizi per sabato 12 marzo

Cari appassionati di parole da scegliere, soppesare, impastare, soffriggere e – se ne avete voglia – condividere alla nostra tavola,

ecco apparecchiati per voi gli ingredienti delle verbose pietanze nelle quali vorrete cimentarvi questa settimana:

- sensazioni, emozioni, ricordi, associazioni di idee, frammenti del vostro passato, suoni, colori, odori, sapori, identità smarrite e ritrovate o scoperte e poi sfuggite di mano. Ancora una volta la direzione ce la dà quel cuciniere di parole d’eccezione che è Raymond Carver, come potete leggere nel virgolettato della traccia che vi ho già consegnato a mano (e che qui trascrivo):

TRACCIA
“Ogni giorno, ogni notte della nostra vita, lasciamo in giro pezzettini di noi stessi, scaglie di una cosa o dell’altra”. Pensa ai “pezzettini di te stesso” che hai lasciato in giro, ricorda come, dove, quando, perché li hai lasciati in giro. Dove sono adesso questi pezzi di te stesso? Con chi sono? Qualcuno li ha raccolti? Avresti voglia di recuperarli? Racconta.

L’altro compito consiste nel terminare l’esercizio che avete iniziato in aula sabato scorso. Eccone di nuovo la traccia, in parte modificata rispetto a quella che vi ho già dato (nel senso che qui ho aggiunto i riferimenti alla lista preliminare di cinque ricordi e alla ricerca di una possibile connessione tra i due ricordi ai quali avete lavorato):

TRACCIA
Individua cinque ricordi e sintetizzali in una o due frasi. Poi scegline due (di ricordi). Sviluppa prima l’uno, poi l’altro. Fatti trasportare dalla mente, dalle sensazioni, dalle immagini, da eventuali altri ricordi associati. Scrivi per una decina di minuti o anche di più, se necessario. Quando hai terminato, cerca di individuare un collegamento eventuale tra i due ricordi prescelti, anche se ti sembrano disparati e lontanissimi. Potrebbe essere il modo in cui hai agito, il comportamento che hai tenuto o non hai tenuto. Potrebbe essere uno stato d’animo, un tratto della tua personalità o un pensiero ricorrente. Provaci!

DIARIO DI VIAGGIO
Riporto, infine, le indicazioni per il DIARIO DI VIAGGIO che scriverete a turno di settimana in settimana e che verrà pubblicato di volta in volta su questo blog. Ricordo gli obiettivi di questa iniziativa, che spero vi torni utile e vi appassioni:

-          creare una traccia permanente del percorso che stiamo condividendo, in modo da poterla ritrovare in rete anche quando il laboratorio sarà concluso;
-          dare la possibilità, a chi dovesse saltare qualche incontro, di ritrovare gli argomenti trattati in sua assenza;
-          riportare, oltre ai temi sviluppati durante gli incontri, sensazioni, opinioni, ipotesi di lavoro, idee e offrire di volta in volta un punto di vista diverso, a seconda della persona che firmerà la pagina di diario;
-          esercitarsi nella scrittura.

Daniela I. e Francesca C., le prime a immolarsi generosamente per la causa con grande spirito di abnegazione, saranno le autrici della pagina di diario relativa all’incontro di sabato 5 marzo. Per quanto riguarda il primo incontro (26 febbraio), a breve troverete qui un resoconto dei temi che abbiamo trattato.

Il diario dovrà avere le caratteristiche tipiche di un articolo di cronaca, vale a dire rispondere alle classiche “5 W” del giornalismo che corrispondono, rispettivamente, alle domande:

-          Who? (Chi?)
-          What? (Che cosa?)
-          Where? (Dove?)
-          When? (Quando?)
-          Why? (Perché?)

ed eventualmente “How?”, ovvero “Come?”.

Inoltre, il diario dovrà avere le caratteristiche del genere letterario memoir, nel senso di riportare le sensazioni, i pensieri, le emozioni, le associazioni mentali, le immagini, i ricordi che sono affiorati alla propria memoria, insomma il modo nel quale si sono vissute soggettivamente le due ore di laboratorio.


Per il momento mi sembra tutto… Grazie della pazienza che avete portato fin qui e buona scrittura!


Giuliana Salerno

venerdì 4 marzo 2011

E' di Martha Medeiros la poesia Lentamente muore

Buon pomeriggio,

ringrazio ancora Marino per avermi segnalato che la poesia Lentamente muore che abbiamo letto in aula sabato scorso non è di Pablo Neruda, ma della scrittrice e giornalista brasiliana Martha Medeiros.

Ecco qualche notizia su di lei tratta da Wikipedia (che non ho ulteriormente verificato su altre fonti, per la verità). Non avendo idea di dove fosse Porto Alegre, sono andata a cercare in rete una cartina del Brasile che ho riportato qui sotto, in cui sono visibili i luoghi citati nella nota biografica che segue. A DOMANI!!! Giuliana


MARTHA MEDEIROS
Figlia di José Bernardo Barreto de Medeiros e Isabella Matos de Medeiros, è giornalista per il giornale Zero Hora di Porto Alegre e per O Globo di Rio de Janeiro.
Si è laureata nel 1982 presso la Pontificia Università Cattolica di Rio Grande do Sul a Porto Alegre.

Dopo aver lavorato in campo pubblicitario, si è trasferita per nove mesi in Cile e lì ha cominciato a scrivere poesie. Tornata a Porto Alegre, ha iniziato a scrivere come giornalista proseguendo anche la sua carriera letteraria.