lunedì 21 luglio 2014

Post finalizzato al puro intrattenimento personale e rivolto a chi ha esigenza di annoiarsi mortalmente, di fatto scritto per esaurire uno dei punti delle svariate liste di cui si parla, sostanzialmente a sproposito, nel paragrafetto finale

"Non esiste essere umano più miserabile di colui per il quale nulla è abituale tranne l'indecisione, e per il quale ogni sigaro, ogni bicchiere, l'ora di alzarsi e  quella a cui andare a letto ogni giorno e il principio di ogni piccola parte di lavoro siano oggetto di esplicita deliberazione. Almeno metà del tempo di un uomo del genere viene persa a decidere o a rimpiangere questioni che dovrebbero essere così radicate in lui, da essere del tutto inesistenti per la sua consapevolezza."

William James, Talks to Teachers on Psychology

Divento sempre più persuasa della potenza delle abitudini, siano esse buone o cattive, salutari o nocive. Quando si parla di abitudini, le si associa spesso a qualcosa di noioso, non particolarmente piacevole né degno di nota, qualcosa che connota le nostre giornate ma che, tutto sommato, non le trasforma in modo spettacolare.
Le cattive abitudini, in effetti, sono come vizi che peggiorano la qualità della vita; sono quei comportamenti che, in buona parte dei casi, si vorrebbero eliminare, ma non si riesce a farlo, proprio perché sono diventati abitudini profondamente radicate nel nostro stile di vita: fumare, rimanere ore e ore al pc, al telefono o davanti alla televisione pur non essendo strettamente necessario farlo, non apparecchiare più la tavola, mangiare in piedi, rispondere sgarbatamente ai propri familiari, non sorridere quasi più, non informarsi, sentirsi sempre più annoiati, guidare anche per percorrere solo cento metri, guardare Beautiful.
Le abitudini, buone o cattive che siano, hanno [...]

Questo è il principio del commento che volevo fare alla citazione di William James che ho trovato qui. Mi sono fermata perché stava diventando una palla mostruosa. E' che in questo periodo sto ragionando spesso sull'utilità (no: sull'assoluta necessità) di creare o consolidare buone abitudini nella mia vita, sradicando, pezzo dopo pezzo, quelle che non mi fanno stare bene.
Solo che il discorso relativo alle abitudini, per me, è ancora all'inizio. Una cosa mi sta diventando sempre più chiara: non è vero che le abitudini sono noiose, non è vero che ingabbiano la vita in attività ripetitive, prevedibili, monotone. Le abitudini possono essere contenitori all'interno dei quali tutto può accadere. Sono come le righe che delimitano il campo di calcio o i margini del foglio bianco: all'interno di quello spazio, tutto può succedere, ogni azione può crearsi dal nulla. Il punto è: come le creo le abitudini che mi fanno star bene? Come faccio a far sì che attecchiscano, che si insedino dentro di me? Intanto, come fa notare Gretchen Rubin allo stesso link, concordo nel credere che

"il beneficio principale del creare abitudini è che ci sollevano dalla fatica del decision-making. Ogni volta che sento qualcuno parlare dell'importanza di fare delle 'scelte appropriate', penso: 'No! Smettila di fare scelte appropriate! Più scegliamo, più è probabile che ci sbagliamo. Scegli una volta e non scegliere più. Decidi di non decidere. Usa le abitudini.'"

Il 31 dicembre molti di noi stilano un elenco di buoni propositi, risoluzioni, obiettivi, abitudini, a seconda del caso.
Da quando, all'inizio dell'estate, ho ritrovato un po' di tempo (poco, ma reale) per me, ogni giorno è come il 31 dicembre. Ogni settimana aggiorno e aggiusto la mia lista di abitudini. Ecco, l'ho detto: la mia lista. Le mie liste! Finalmente lo ammetto anche a me stessa: io amo le liste. Io vado pazza per le liste. Le amo più delle mappe concettuali, che pure hanno il loro fascino. Ma le liste, le liste proprio mi creano una sorta di eccitazione, l'emozione di poterci far stare dentro tutto, tutti i santi giorni, di non dimenticarmi nulla, di avere tutto il mondo nelle mie mani come mi accade in un lampo quando leggo una poesia che m'illumina d'immenso.

G.S.

2 commenti:

  1. Forse conviene che le abitudini da adottare non corrispondano a azioni specifiche, ma piuttosto a categorie più ampie possibile. Per esempio l'abitudine di fare un po' di moto ogni giorno, magari a un'ora prestabilita: si potrà decidere di volta in volta se si tratti di camminare, correre, nuotare, andare in bici, fare ginnastica ecc.

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    1. Il rischio è che categorie già ampie "si amplifichino" ulteriormente fino a sbiadire e ad annullare l'impegno preso con se stessi. Mi sto convincendo che se ritengo che fare una cosa sia importante e se voglio essere certa di farla, devo segnarmela in agenda, proprio come se fosse un impegno di lavoro. Perché agli impegni di lavoro non veniamo (quasi) mai meno (almeno, per quanto mi riguarda), e l'eventualità di dover annullare un appuntamento - e quindi, scombussolare l'agenda di un altra persona - ci fa sentire spesso gravemente in difetto? E perché, invece, siamo così poco determinati a tener fede all'impegno preso con noi stessi, al punto da modificarlo, rinviarlo, adattarlo, ridimensionarlo a seconda dell'umore del giorno? E' proprio il dettaglio con cui imposto l'abitudine che voglio creare ad aiutarmi a rinforzarla ogni giorno. E' l'aver deciso: voglio fare questa cosa, il tale giorno, e sì, a un'ora prestabilita. E se non ci riesco? Se non ci riesco, è proprio perché l'abitudine non è ancora diventata tale. Non sono ancora riuscita a farla radicare in me. Riprovo il giorno successivo, e poi quello dopo, finché non diventa simile a un irrinunciabile vizio. (Ovviamente, queste qui sono tutte ipotesi di lavoro. Sono solo idee sulle quali sto ragionando, e che potrebbero esser ben lontane dalla verità (che poi è diversa per ciascuno di noi, a seconda di come "funzioniamo"...).

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