mercoledì 20 aprile 2011

Esercizi per sabato 30 aprile

Cari corsisti vacanzieri,

vi ricordo che sabato 23 facciamo festa e che ci vediamo in aula sabato 30 aprile.

Nei prossimi giorni inserirò nel blog i vostri consigli di lettura, i racconti più gustosi che mi avete inviato e forse qualche nuova idea (se, come credo, sbucherà zampettante dal mio uovo di cioccolata).

Vi rammento che i compiti per sabato 30 sono:

  • Portare avanti il vostro racconto.
SUGGERIMENTO: lavorateci minimo 10 minuti al giorno. Cosa sono 10 minuti? Poco più di nulla, ma nello spazio di quel “poco più di nulla” possono accadere molte cose. Potrebbe accendersi la vostra scintilla creativa e venirvi voglia di scrivere, di scrivere, di scrivere.... Se questo non accade, riprovate dieci minuti il giorno dopo. E poi dieci minuti il giorno successivo. E così via fino al 29 aprile.

  • Leggere poesie e racconti brevi di Anna Martinenghi di cui vi ho trasmesso via e-mail una selezione. Lasciatevi affascinare da questa promettente autrice.

  • Terminare il dialogo iniziato in aula tra lo straniero e il muratore bergamasco bloccati in ascensore (avrò seriamente bisogno di un interprete…).
Detto questo, la cosa più importante: lasciatevi ispirare dalla luce e dal tepore di questi giorni – seppur pochi – di intervallo. Lasciate che il tempo rallenti e si dilati dentro di voi, così da poterlo riempire con i pensieri e le parole che avete accumulato in questo lungo inverno. Rilassatevi e divertitevi.

Auguro una serena Pasqua a tutti voi, ai vostri cari e a chi ci segue su questo blog anche da lontano.

E SCRIVETE!

Giuliana Salerno


lunedì 18 aprile 2011

Diario dell'8° incontro - 16 aprile 2011 - "Le parole per dirlo": i dialoghi


Data astrale 16042011
A bordo dell’astronave-scuola Creativity  è indetta la riunione settimanale dove il Comandante darà ulteriori informazioni inerenti la fase di avvicinamento al pianeta Script-ores. C’è fermento e la disciplina si sta notevolmente allentando. Il Comandante Giuliana tenta di prendere la parola, ma alcuni allievi-ufficiali sembrano non essersene accorti. Impudenti! Un sorriso e la voce solo un poco più alta sono però sufficienti per richiamare l’attenzione e imporre il silenzio. Questa è una delle qualità del Comandante, saper imporre la propria autorità con gentilezza (sullo schermo alle sue spalle, intanto, appare la figura della temutissima cella di isolamento).
“Nella scorsa riunione abbiamo parlato della caratterizzazione del personaggio. Avete realizzato degli ottimi lavori con i tre oggetti sorteggiati dalla ‘scatola magica’. L’esercizio aveva lo scopo di stimolare la creatività ed è una rivisitazione del ‘binomio fantastico’ di cui parla Gianni Rodari, un antico abitante del pianeta Terra, nella sua Grammatica della fantasia. È un libro in cui, proprio nelle prime pagine, si parla di come gettare parole a caso nella mente possa stimolare connessioni creative, come un ‘sasso nello stagno’. Ecco una citazione tratta dal testo di Rodari (grassetto nostro):

«Un sasso gettato in uno stagno suscita onde concentriche che si allargano sulla superficie, coinvolgendo nel loro moto, a distanze diverse, con diversi effetti, la ninfea e la canna, la barchetta di carta e il galleggiante del pescatore. Oggetti che se ne stavano ciascuno per conto proprio, nella sua pace o nel suo sonno, sono come richiamati in vita, obbligati a reagire, a entrare in rapporto tra loro. Altri movimenti invisibili si propagano in profondità, in tutte le direzioni, mentre il sasso precipita smuovendo alghe, spaventando pesci, causando sempre nuove agitazioni molecolari. Quando poi tocca il fondo, sommuove la fanghiglia, urta gli oggetti che vi giacevano dimenticati, alcuni dei quali ora vengono dissepolti, altri ricoperti a turno dalla sabbia. Innumerevoli eventi, o microeventi, si succedono in un tempo brevissimo. Forse nemmeno ad avere tempo e voglia si potrebbero registrare tutti, senza omissioni.
Non diversamente una parola, gettata nella mente a caso, produce onde di superficie e di profondità, provoca una serie infinita di reazioni a catena, coinvolgendo nella sua caduta suoni e immagini, analogie e ricordi, significati e sogni, in un movimento che interessa l’esperienza e la memoria, la fantasia e l’inconscio e che è complicato dal fatto che la stessa mente non assiste passiva alla rappresentazione, ma vi interviene continuamente per accettare e respingere, collegare e censurare, costruire e distruggere. Prendiamo, per esempio, la parola “sasso”. Cadendo nella mente essa si trascina dietro, o urta, o evita, insomma, variamente si mette in contatto:
con tutte le parole che iniziano per s […];
con tutte le parole che iniziano con sa […];
con tutte le parole che rimano in asso […];
con tutte le parole che le stanno accanto, nel deposito lessicale, per via del significato: pietra, marmo, mattone, roccia.
Poi la parola precipita in altre direzioni, affonda nel mondo passato, fa tornare a galla presenze sommerse. […]»

Più avanti, Rodari parla per l’appunto di ‘binomio fantastico’: la fantasia, lo scarto creativo, non nascono quasi mai da un unico elemento, ma dal felice incontro di due parole, due pensieri, due situazioni che prese di per sé non hanno niente di speciale, ma che insieme fanno un’accoppiata bizzarra, impensata, carica di possibilità creative.
Si ‘buttano’, quindi, nella mente due parole che apparentemente non hanno legami, e da quelle semplici due parole possono nascere bellissime storie fantastiche. 

Questo era per riconoscere un tributo a Gianni Rodari e per spiegarvi l’origine dello scorso esercizio, che si è articolato su tre concetti, su un ‘trinomio fantastico’, dunque. Oggi, invece, parleremo dei dialoghi. Ma prima dobbiamo scegliere chi curerà la pagina odierna del diario di bordo”.

Silenzio fra gli allievi, mani che prendono con finta naturalezza le laser-bic e accennano il gesto di prendere importanti appunti sul quaderno olografico. Ed io fra loro.
“Contrariamente a quanto fatto fino ad ora, questa volta sarò io a scegliere!”
Alzo gli occhi un solo attimo verso lo schermo, dove campeggia minaccioso l’occhio del Grande Fratello. Una scritta si sta formando.

        Marino, sei stato nominato 

Nooooooooo!!!!!!!!!!! Mi cade la laser-bic dalla mano. Fregato! Tento un’inutile e sterile protesta. “Ehm, ma veramente credevo... non so prendere appunti... e poi sono timidissimo!”. Risolini liberatori da scampato pericolo accolgono questo mio balbettio. Il Comandante mi guarda, mi sorride sorniona, come per dire “Ormai ho scelto, non hai scampo”, e allora non mi resta che rispondere “Obbedisco”. Di fianco a me, Stefano mi guarda con soddisfazione quasi carognesca, ammetto che è la stessa che avevo io quando un paio di settimane prima avevo dirottato verso di lui la scelta del “volontario maschile”. Capisco che è giusto così.

Il Comandante prosegue:
“Bene, espletate le formalità di rito, possiamo cominciare. Sui personaggi avevamo detto alcune cose. Dobbiamo pensarli a lungo, ‘starci insieme un po’ di tempo’ e decidere un carattere prima di inserirli nella storia. Li dobbiamo dotare di ‘normalità’ ma anche di ‘eccezionalità’, attribuire loro qualche contraddizione,  qualche conflitto irrisolto, qualche paura, desiderio, insomma tutte quelle cose che li fanno ‘umani’, altrimenti potrebbero non interessare il lettore. Ma soprattutto bisogna ‘mostrare senza dire’ (il famoso Show, don't tell) , farli agire e farli parlare. È dunque anche attraverso il dialogo fra i personaggi che mostriamo i loro caratteri, le loro aspettative e diamo le informazioni su ognuno di loro lasciando che queste cose traspaiano  dalle loro parole. Inoltre, il dialogo deve dare l’impressione di svolgersi proprio davanti agli occhi dei lettori, e a questo scopo bisogna dotarlo di un ‘tessuto connettivo’ che si sostituisca agli elementi che normalmente si presentano ‘dal vivo’: gestualità, velocità di eloquio, ritmo, tendenza a ripetere ciò che si è detto; qualcuno perde il filo, commette qualche errore, la sintassi è più spezzata, frantumata, il lessico è più povero. Tutti questi elementi, tipici del linguaggio parlato, devono essere rappresentati anche in quello scritto attraverso, per esempio, qualche spiegazione dell’autore o l’uso dei puntini sospensivi.”
“Ecco,” interviene con pertinenza, come sempre, l’allieva Dina “nel teatro di Checov accade proprio che gli attori devono interrompersi a vicenda durante le loro battute. Questo proprio per rendere più realistico il dialogo sulla scena.”
 “È corretto quello che dici,” riprende il Comandante. “Nella realtà non accade quasi mai che una persona finisca la frase con un punto e l’altro cominci a sua volta e poi, ordinatamente, ripassi la palla al suo interlocutore. Ci sono spesso sovrapposizioni di parole, frasi sospese, concetti spiegati solo parzialmente. Inoltre, è interessante notare che lo scrittore trasforma l’oralità in testo scritto, mentre l’attore è chiamato a ‘far vivere’ un copione; eppure, entrambi puntano a un risultato verosimile.  

 Ci sono alcuni punti importanti da considerare quando si scrive un dialogo:

-          Coerenza del linguaggio del personaggio (se uno deve fare il tonto, non utilizzerà termini forbiti)
-          Il dialogo porta avanti la storia, alla fine la narrazione avanza di un passo
-          Il dialogo dà informazioni sui protagonisti, sulla loro storia, sul loro stato d’animo, le loro intenzioni etc.
-          Deve essere sintetico, verosimile e avere ritmo
-          Non deve essere ripetitivo, non devono esserci sbavature che rischierebbero di farlo ‘ristagnare’
-          Deve permettere di distinguere i diversi punti di vista dei personaggi
-          Deve fare capire chi, in quel momento, ‘comanda’ (chi ‘tiene in mano la pistola’).

Ora leggeremo un racconto di Sciascia basato, appunto, sul dialogo. Noteremo come l’autore faccia arrivare le informazioni al lettore a poco a poco per bocca dei protagonisti. Mi serve una voce maschile, io farò quella femminile”.
“Beh,” dico io “leggerei volentieri, ma devo prendere appunti per il diario, quindi…”
Con un sorrisino un poco fetente guardo verso l’unico altro maschio del corso.
“Devo proprio?” dice lui sospirando. “Eh sì, ti tocca!” faccio io con la tipica espressione di soddisfazione da vendetta.
Comincia la lettura, lunga bella, intrigante. Le informazioni arrivano col contagocce. Si capisce che è la donna che domina il dialogo, è lei che sorprende, è lei che guida, è lei che lo dirige magistralmente in un vicolo a senso unico, senza possibilità di scelta e con un inevitabile finale al quale l’uomo non può sottrarsi.
Per completare la mia vendetta quasi infantile, volutamente non ho preso appunti sul racconto, solo il titolo, “Gioco di società” (e sì, Stefano, se prendevo appunti non riuscivo a seguire il dialogo che stavi così magistralmente interpretando!).
Ora dobbiamo scrivere noi un racconto basato sul dialogo fra due personaggi da decidere in aula. Qualcuno propone un sacerdote, ma poi, nel caso alquanto improbabile che ci leggessero sul Blog dal Pianeta Vaticano, potrebbero pensare ad una scelta poco rispettosa per l’abito talare. Optiamo allora per uno straniero (a libera scelta) e un muratore bergamasco (siamo o non siamo a Treviglio!) bloccati in ascensore. Pota! Ognuno scriva.
L’astronave è entrata nel quadrante 17, è ormai ora di chiudere i quaderni olografici e rimettere il tappo alla laser-bic. Settimana prossima ci sarà il passaggio nei pressi del pianeta Pasqua, perciò niente riunione settimanale. La settimana successiva sarò di turno sulla navetta che dovrà esplorare i dintorni del pianetino Mantova, perciò non ci sarò. Spero che l’amico Stefano, con l’infinita gentilezza che traspare evidente dai suoi occhi, e nonostante la mia perfidia, prenda appunti della lezione e me ne faccia avere una copia.
Gioiosi saluti a tutte/i  le/i compagne/i di viaggio e rispettosi saluti al faro della nostra fantastica nave-scuola Creativity, la Comandante Giuliana Salerno.

Firmato: Allievo ufficiale Marino P. (Beh, dopo questa fatica e dopo il ruffianamento, spero di essere promosso.)

***
Testi citati:

Rodari, Gianni, La grammatica della fantasia, Einaudi, 1973.  
Sciascia, Leonardo, "Gioco di società", racconto tratto dalla raccolta Il mare color del vino, Einaudi, 1973.






 

martedì 12 aprile 2011

Diario del 7° incontro - 9 aprile 2011 - I personaggi di una storia

Cari viaggiatori,

il nostro – il vostro! – diario gode di eccellente salute, mi pare.

Godetevelo!

Giuliana Salerno

***


Esitò un attimo prima di inviare il commento. Sapeva bene che l’avrebbe pagata cara, eppure le fu impossibile trattenersi: non si rinuncia mai a una buona battuta, costi quel che costi […]”

(E con questo direi che l’incipit l’abbiamo definitivamente sistemato!)

Il mio commento alla relazione di Stefano mi ha inevitabilmente designata autrice di questo tormentato frammento del nostro amato diario di bordo, il settimo, per la precisione. Fremo dall’eccitazione perché sento che questa esperienza sarà sì fonte di sofferenza, ma, soprattutto, catartica e formativa.
Al grido di “Penitenziagite!”, rivolto al mio riflesso nello specchio, mi accingo, dunque, a riportarvi quanto accaduto il giorno nove di aprile dell’anno del Signore 2011.

Il tema della lezione era: “Il motore della storia: i personaggi”. Mi è bastato il titolo per capire che il gioco si stava facendo serio.
Il nostro percorso di aspiranti scrittori è partito con la totale libertà del free-writing, ha iniziato a strutturarsi nel memoir, per poi passare nella strettoia del racconto costruito sulla base di una situazione preconfezionata; ora, l’attenzione è tutta focalizzata sul personaggio e da lui proviamo a far cominciare la nostra storia.

Il personaggio è davvero un bel tipo, non ama molto essere descritto in modo diretto, lui è più sottile, si mostra al lettore attraverso un gesto, un’azione, oppure nel dialogo con gli altri personaggi o per mezzo dei suoi pensieri, dei suoi ricordi.
Può esserci raccontato dagli altri personaggi della storia o ne riusciamo a intuire il profilo psicologico, l’emotività, i sentimenti, grazie alle sue relazioni con gli altri.
A volte viene rappresentato dagli oggetti a cui è in qualche modo legato o dall’ambiente in cui vive e si muove.
È uno come noi, dotato di caratteristiche di normalità che ci fanno identificare in lui, ma al tempo stesso ha qualcosa di eccezionale, insolito, che ci affascina al punto da renderlo indimenticabile.
Ha sempre un desiderio che lo spinge a cercare di superare tutte le difficoltà che lo scrittore gli pone di fronte e una paura che lo ostacola e lo condiziona nelle scelte. Desiderio e paura sono ingredienti indispensabili che danno il via all’azione, provocando le reazioni del personaggio e, soprattutto, lo rendono vero e vivo, creando una forte empatia nel lettore. D’altra parte, cosa c’è di meno interessante di una persona senza desideri e senza paure? Figuriamoci un personaggio! Non dimentichiamo mai, quando scriviamo, di considerarlo come il nostro tramite per sedurre il mondo, quindi pensiamo molto a lui prima di buttarlo a capofitto in una storia.

A proposito della necessità di pensare bene e a lungo prima di scrivere, un punto particolarmente importante della lezione è stato quello in cui Giuliana ci ha parlato degli errori più evidenti riscontrati nei nostri esercizi. E qui, modestamente, ho avuto il mio momento di gloria: un mio racconto è stato preso come fulgido esempio di tutto ciò che non bisogna fare quando si scrive. Son soddisfazioni!
Le cose a cui prestare attenzione sono parecchie: la vicenda deve essere verosimile, i personaggi devono avere una coerenza interna nella loro rappresentazione e il tono del racconto deve essere costante, per non disorientare il lettore.
L’attività di scrittura parte con l’osservazione della realtà, qualsiasi dettaglio può darci lo spunto per creare una situazione o un personaggio e occorre prendere immediatamente appunti in modo da non perdere l’ispirazione. Poi, dobbiamo un po’ convivere con questa idea, portarla a spasso con noi, coccolarla, nutrirla finché non sarà cresciuta abbastanza da stare dritta sulle sue gambe. A quel punto potremo pianificare come vogliamo usarla, inquadrare bene il personaggio, conoscerlo come se fosse un nostro amico, decidere come farlo muovere, in che contesto e che tono vogliamo dare alla nostra narrazione. Solo dopo aver chiarito con noi stessi tutte queste cose, possiamo iniziare a scrivere veramente e riusciremo farlo con maggior coerenza.

Il racconto “Il ladro Luca” di Massimo Bontempelli ci ha fornito un ottimo esempio di costruzione del personaggio, l’abbiamo letto e commentato insieme, discutendo sulle tecniche utilizzate dall’autore.

Sviscerata la parte teorica (e anche il mio racconto che a quel punto rantolava penosamente con le budella di fuori), siamo passati ad una simpatica pesca di beneficenza che ci ha permesso di accaparrarci ben tre biglietti fortunati dalla scatola magica che Giuliana teneva ben stretta tra le mani, mentre passava, con fare misterioso, in mezzo ai banchi. Abbiamo estratto a caso i nomi di 3 oggetti che appartengono al personaggio della nostra nuova storia, saranno loro a dirci chi è, dobbiamo solo farci ispirare.
A me sono capitati un binocolo, un libro sui massaggi e una papera di gomma. Mi viene subito in mente un maniaco. Dai, su, troppo scontato, un’altra idea? Forse sì, ho visto qualcuno che ha iniiato piano piano a prendere forma, sembrava interessante, mi stava già simpatico, però non mi sono fatta ingannare dalla prima impressione, ho deciso che lo voglio studiare ben bene questa volta, voglio sapere tutto di lui, perfino quante otturazioni ha in bocca e la taglia delle mutande, anche se, così facendo, finisco per sembrare io la maniaca della situazione.

Alla fine della lezione cosa mi sono portata a casa? Parecchie cose:
-   Una maggiore consapevolezza rispetto alla mia scrittura
-   La voglia di lavorare alle mie difficoltà e di superarle
-   Il diario di bordo da scrivere (argh!)
      
e tre bigliettini che, per scaramanzia, non intendo restituire prima di aver terminato il prossimo racconto.
Giunta alla fine di questo ingrato compito sento che mi è servito, ne ho approfittato per confrontarmi con qualcosa che mi creava dei problemi. Ora mi sento più leggera, ho tolto anche il cilicio!


Giuliana A. (L’altra Giuliana, non la nostra Adorabile Aguzzina)


Esercizi per sabato 16 aprile

Carissimi,

ecco gli esercizi per il 16 aprile. Questa settimana prendiamo la creatività e la riponiamo in una piccola scatola, così si rinfresca in penombra e riposa come un buon vinello in cantina.

Fate un bel respiro e rilassatevi: non vi è richiesto, per sabato, di concepire idee originali. Non dovete incantare né stupire con effetti speciali. Non provate(vi) neanche a scrivere una storia avvincente! Questa settimana è VIETATO sedurre intrecciando trame e inebriare tramando intrecci.

Mettete pure nanna i neuroni. Sabato prossimo saranno freschi come rose di primavera (e succosi come limoni da spremere ;-)

Giuliana Salerno


Esercitazioni per il 16 aprile

1) Prendi il libro che hai scelto come uno dei più significativi che hai letto. Scorrine velocemente (o rileggine) le prime 30 o 40 pagine e fermati ogni volta che un nuovo personaggio entra in scena. Qual è la prima cosa che l’autore dice (o fa dire ad altri) di lui?
Qual è la prima azione che compie il personaggio? Come vengono rappresentati eventuali cambiamenti di umore?
In che modo è efficace la rappresentazione del personaggio?
È un protagonista o solo una comparsa della storia?
Scrivi quello che ti colpisce in relazione a quanto hai osservato.


2) Rispondi a questa domanda come se te l’avesse rivolta un’amica o un amico: “Perché devo leggere assolutamente il libro che hai portato in aula?”.
La tua risposta, se vorrai, sarà pubblicata sul blog “Eppur si scrive”.




giovedì 7 aprile 2011

Diario del 6° incontro - 2 aprile 2011 - Da dove vengono le storie

"Istitutrice" non me l'aveva ancora detto nessuno...
Per inciso, ottimo attacco. Brillante, ironico, veloce: viene voglia di proseguire nella lettura. Certo, questo incipit manca di sottolineare la natura democratica, spontanea, gioiosa e assolutamente non coercitiva della candidatura (ma dovrei dire: auto-candidatura!) del cronista della settimana. Ogni sabato, al momento della nomina, vengo travolta dall'incontenibile entusiasmo dei miei corsisti: "Scegli me! Scegli me! Lo scrivo io, lo scrivo io!". Questa volta il Fatum ha designato Stefano. Sapeste gli sguardi infuocati d'invidia...

Giuliana Salerno

DAL DIARIO DI STEFANO


A furor del popolo scrivente, sobillato peraltro efficacemente dal mio compagno di banco Marino, con l’avallo della nostra “istitutrice”, vengo sorteggiato per la stesura della sesta puntata del nostro reality.
Sarà che dovevo scontare la bigiata della settimana precedente, preferisco tuttavia pensare che si volesse sentire una voce maschile all’interno del nostro gruppo. E così eccomi a voi; sappiate che non riuscirò ad essere bravo come le colleghe che mi hanno preceduto e pulito nello stile, ma dopo due giorni passati a pensare come e cosa avrei scritto, ho deciso che avrei lasciato le briglie sciolte, inaugurando uno stile che definirei “memoir ironico”, consapevole di poter raccogliere eventuali cicchetti il sabato venturo. Ma così è. Voi mi avete eletto a questo scopo, eccomi qui.
E sì che il sabato pomeriggio era iniziato nel migliore dei modi: giornata primaverile da far rimpiangere altri impegni.
Devo dire che questa sensazione è scomparsa non appena incontrati gli sguardi dei miei compagni di penna. Ad ogni saluto ricevo un sorriso cordiale che mi fa veramente bene ed inoltre al viso di ognuno posso associare un pensiero, un aggettivo, un suono. Non siamo più gli sconosciuti delle prime puntate e i dialoghi fra noi sono più sciolti, mi sembra che ognuno inizi ad avere meno remore a leggere i propri scritti, sia spontaneamente  che se richiesto.
Perché penso fosse proprio questo ciò che ci bloccava un po’ all’inizio, sia il mettere in pubblico noi stessi attraverso i nostri scritti che l’essere giudicati da estranei.
Ci siamo poi scoperti essere realmente tutti diversi ma con il piacere comune dello scrivere, del raccontare, dell’ esprimersi, e questi tratti in comune hanno iniziato a regalarci il senso del gruppo.
La cronaca, dunque.
Causa guasto si fa a meno del televisore e anche se avremo perso la multimedialità della esposizione ne guadagniamo in attenzione nei confronti di Giuliana. Anche lei è divenuta molto più… agile, direi, nel condurre il filo del discorso.
Il tema che andremo ad affrontare penso si possa riassumere con “l’idea del racconto”, ovvero di che materia esso sia fatto, da dove nasca e come si sviluppi nella mente dello scrittore.
Iniziamo facendo un riepilogo degli argomenti del precedente incontro e leggiamo alcuni esperimenti che consistono nella rielaborazione degli incipit dei libri che i miei colleghi hanno portato in aula. Questo per dare un esempio di come possa essere l’inizio di una storia, di tipo “rock” come nella già citata “Metamorfosi” di Kafka, oppure di tipo “lento”. La scelta fra un tipo di attacco e l’altro non è di qualità, mi sembra di capire, ma può rivelarsi più o meno efficace nell’“acchiappare” il lettore all’amo oppure nel sedurlo lentamente.
Resa chiara l’importanza dell’incipit, mi colpisce molto ciò che ci viene esposto circa il primo capitolo di un libro: spesso è quello che verrà riscritto in toto, soprattutto quando si sarà giunti alla fine dell’ultimo. E qui Giuliana sottolinea come sia importante “finire qualcosa”, si tratti di un racconto, di un articolo, di una poesia, piuttosto che lasciare in sospeso mille idee appena abbozzate.
Ciò per provare il senso di appagamento conseguente al finire ciò che si è iniziato – e quindi, per sentirsi stimolati a rimettersi al lavoro su qualcosa di nuovo –, ma anche per raggiungere un livello accettabile della qualità del prodotto finale. “Rimanere sul pezzo”, come si suol dire, facilita la concentrazione e procura una maggiore soddisfazione rispetto al perdersi in molteplici meandri senza portarne a compimento nessuno.
Come si procede, allora? È solo questione di metodo, di pianificazione? Non sempre. Ognuno deve trovare l’approccio che va bene per lui (o per lei). Per fortuna, allora, che esiste uno scrittore come Stephen King, che non progetta nulla (o quasi nulla); sembra che lui parta da un’idea, da una situazione o da un personaggio e lascia che questi prendano corpo e abbiano una vita propria.
Lo scrittore, dice King, è come l’archeologo che inizia a scavare per portare alla luce un fossile: non sa cosa verrà fuori, forse solo una tellina o, magari, un tirannosauro. Potenza e mistero della scrittura.
L’esercizio di oggi consisterà nello scrivere la conclusione del racconto di cui abbiamo già realizzato l’incipit. Ovviamente, precisa Giuliana, quella di scrivere il finale di una storia che ancora non si conosce pienamente, perché ancora non la si è scritta, è una piccola provocazione, oltre che un esercizio utile a lavorare “con la fine in testa”. Un po’ come succede con la definizione dei propri obiettivi: averli già in mente, anzi, meglio, averli messi per iscritto permette di procedere con maggiore convinzione di realizzarli e attiva insospettabili risorse creative. Anche se poi, strada facendo, ci accorgeremo che preferiamo modificare il finale o altre parti della nostra storia (e della nostra scaletta, ricordate?), che quindi non sono mai scolpite nella pietra, ma possono essere, all’occorrenza, rimaneggiate.
Il mio timore, ma forse è lo stesso dei miei colleghi di penna, è che dobbiamo affrontare anche noi il problema dello scrittore di professione: come suscitare la scintilla creativa? Come si raggiunge la concentrazione? Sembra che i migliori parti letterari, così come le prestazioni di alcuni atleti, avvengano in uno stato mentale in cui si agisce per “competenza inconscia”. Bellissima questa. Me la vendo con il mio capo la prossima volta che mi becca assorto nei miei pensieri durante una riunione. “Sto elaborando la strategia per raggiungere il budget” gli dirò, “non interrompere il mio flusso creativo!” Chissà se me la passa.
Concordo con Gabriel García Márquez, modestamente, quando asserisce che l’atto creativo è come la scoperta del mondo: egli descrive il momento di quando nasce l’idea del romanzo come un fulmine di energia euforizzante che pervade la mente ed il corpo.
Giuliana ci riporta quindi una serie di suggerimenti per agevolare l’attività dello scrivere. Il primo è  di Aristotele, il quale consiglia che l’idea, un volta concepita, vada poi “drammatizzata” cioè le venga impressa “azione”.
A questo punto, trovato il percorso, bisogna dotarsi del bilancino del farmacista: al lettore vanno date solo le coordinate principali, lasciando che sia la sua fantasia a fare il resto.
Questo concetto francamente mi sorprende e mi affascina: non avevo mai pensato, come lettore, di essere stato reso, a mia insaputa, un collaboratore dello scrittore. Affinché questo processo accada, l’autore deve saper economizzare le informazioni e non eccedere nel descrivere gli stati d’animo.
Inoltre, è necessario documentarsi sul luogo in cui si svolge la vicenda narrata, soprattutto se si immagina di ambientare una storia in un luogo in cui non ci si è mai stati. Attenzione, poi, agli errori grossolani: non si può parlare di sole a picco se la storia si svolge ai Tropici durante la stagione delle piogge!
Stephen King esorta a scrivere di ciò che sappiamo, seguendo una “idea di massima” da sviluppare con adeguata documentazione.
Mario Vargas Llosa afferma, tra le altre cose, che scrivere romanzi sarebbe equivalente a uno "streap-tease alla rovescia": nell'elaborare la storia, il romanziere andrebbe vestendo la propria nudità iniziale, mascherando la sua personale vicenda. E proprio quest'ultima sarebbe il punto di partenza di ogni opera, dal momento che "la radice di tutte le storie è l'esperienza di chi le inventa".
Roberto Cotroneo associa invece l’attività dello scrivere a quella di un viaggiatore che, man mano che prosegue sul suo percorso, ad un bivio farà una scelta (senza il TomTom): perché il nome di una località lo ispira di più o perché si lascia condurre dall’istinto.
Anche la descrizione del personaggio può riservare sorprese, soprattutto quando questo inizia a sfuggire alla penna dello scrittore dotandosi di una propria autonomia e personalità. Se tale fatto accadesse, potrebbe anche risultare paradossalmente positivo. Ho quindi deciso che non scriverò mai di mia suocera: salterebbe fuori dalle righe per dirmene quattro.
Mi piace pensare che lo scrittore possa davvero procedere così, partire da alcuni elementi di base e poi girovagare libero, non necessariamente conscio della direzione, senza meta, quasi come se avesse intrapreso un “percorso di autoconoscenza”.
A proposito di un possibile metodo per realizzare una storia, Giuliana cita dal Manuale di scrittura creativa di Roberto Cotroneo le varie fasi dell’elaborazione del suo romanzo Otranto. L’autore era partito dall’idea di scrivere un libro sulla luce, immaginando quindi una storia ambientata in una Otranto invasa dalla luce riflessa dalle chiare pietre calcaree. Da questi pochi elementi iniziali e dall’idea di una protagonista olandese, originaria, cioè, di un luogo in cui la luce è meno intensa, Cotroneo ripercorre nel suo manuale il processo di narrazione scritta di una vicenda che ha preso forma progressivamente, seguendo un filo che si è andato sviluppando “un bivio dopo l’altro”.
A proposito di errori da evitare, ci viene ricordato l’ammonimento di Checov (ricordo bene?): se nel racconto si nomina un fucile, questo deve poi sparare. Non mettiamo quindi oggetti o riferimenti non pertinenti al contesto.
Per aiutarci alla creazione della trama del nostro racconto, Giuliana ci indica alcuni possibili “fonti di approvvigionamento” per lo scrittore: notizie, aneddoti, proverbi, ricordi, sogni, oggetti, fotografie, musica, i vicini di casa..
Impostata la trama, ci possono venire in aiuto particolari strumenti per attirare l’attenzione del lettore oppure per depistarlo. Il grande Hitchcock utilizzava per quest’ultimo scopo lo strumento del MacGuffin, cioè una scappatoia, un trucco, un espediente per depistare l’attenzione dello spettatore e sviluppare la trama verso snodi imprevisti.
Ciò significa che l’autore può stringere un patto con il lettore circa la verosimiglianza dello scritto, ma poi portarlo apparentemente fuori strada, coinvolgendolo in un viaggio appassionante.
Ed è così che mi è piaciuto intrattenervi, con questo mio modo di scrivere poco rispettoso della grammatica e del vocabolario (a volte per scelta, spesso per somaraggine), per niente “stiloso” ma, spero, personale.
Mi viene in mente a questo punto una notizia letta tempo fa nella Settimana Enigmistica, tra quelle della serie ”Forse non tutti sanno che..”: uno scrittore alle prime armi infilò un biglietto da cento dollari nelle ultime pagine in ognuno dei pochi libri che costituivano la sua prima edizione… Purtroppo per voi, se siete arrivati indenni sino a qui, avendo mutuo e due figlie, posso solo ringraziarvi per l’attenzione.

Stefano S.






martedì 5 aprile 2011

Se Gabo e Mario fanno la pace

Riporto la bibliografia dei saggi citati – anzi, saccheggiati – sabato scorso. Grazie a Donata per aver segnalato l’Elogio di Mario Vargas Llosa e a tutti gli autori che, ignari, ci accompagnano e ci guidano nel nostro percorso. Un giorno potremmo invitarli a Treviglio per una lezione in biblioteca. E, magari, essere fautori e testimoni di una riconciliazione tra Márquez e Vargas Llosa…

Giuliana Salerno


Cotroneo, Roberto, Manuale di scrittura creativa, Castelvecchi, 2008.
Grafton, Sue (cura di) con Burke, Jan e Barry Zeman, Scrivere crime story, Delos Books, 2010.
King, Stephen, On Writing. Autobiografia di un mestiere. Sperling & Kupfer, 2001.
Márquez, Gabriel García, Come si scrive un racconto, Giunti, 2009.
Vargas Llosa, Mario, Lettere a un aspirante romanziere, Einaudi Tascabili, 1998.
Vargas Llosa, Mario, Elogio della lettura e della finzione, Einaudi Tascabili, 2011.


Mario Vargas LlosaGabriel García Márquez

Esercizi per sabato 9 aprile

Mentre il nostro Stefano rimesta, rimescola, rielabora e corrobora (nonché vivifica) pietanze e libagioni del simposio di sabato scorso, ecco un paio di assaggini per tenere a bada l’appetito fino al 9 aprile.

Giuliana Salerno (mai sazia di metafore eno-gastronomiche…)


1° ANTIPASTO
Sviluppa il racconto di cui hai già scritto l’incipit e, in aula, il finale (per assurdo che possa esserti sembrato pensare il finale di una storia ancora tutta da scrivere…).


2° ANTIPASTO
(Solo per le seguenti categorie di autori):
a)      chi ha già concluso il primo racconto (quello di cui avrà scritto 1. inizio, 2. finale e 3. sviluppo);
b)      chi non si è sentito particolarmente ispirato dal primo racconto e ha voglia di ripartire con mente sgombra e foglio candido.

Esci a fare una passeggiata, meglio se in un luogo (paese, città, lago, ma anche uffici o negozi) in cui non sei mai andato prima o sei andato raramente.
Osserva persone, paesaggi, comportamenti, oggetti, reazioni, relazioni, scene, segnaletica stradale, cieli stellati, stelle cadenti, astri nascenti e stelle filanti, animali, vegetali, monumenti, sentimenti… etc. Isola, in tutto ciò che hai visto, udito e percepito, uno o due spunti per una breve storia. Torna a casa e mettiti a scrivere SUBITO. Meglio se hai ancora addosso la giacca e non hai infilato le pantofole (se tua suocera ti rincorre con le pattine, seminala).