venerdì 30 settembre 2011

Vampiri di emozioni (Puntata 2 di 3) - di Marino Polgati

... Ma i nemici ci sono sempre. Fra questi c'è un temibile cacciatore, il demone irretitore.
Sa differenziare i suoi metodi di caccia, si nasconde fra le mandrie di uomini soli, si confonde con gli altri fino a sembrare uno di loro, appare addirittura il più solo e indifeso. Ma non è di loro che si nutre. Si nutre di vampiri di emozioni.
Lei lo incontrò.
Era del genere classico, timido, chiuso, falsamente indifeso. In fondo era facilmente riconoscibile, ma lei non seppe avvedersene. Avrebbe potuto riconoscerlo solo dal modo in cui la guardava. La fissava, sicuro e sfrontato, come un leone che ormai ha individuato e puntato la preda. Per lui, ormai era sua. Solo l’istinto di sopravvivenza avrebbe potuto lasciarle qualche speranza. Se l’avesse guardato per un solo attimo con occhi diversi, si sarebbe accorta che lui stava indagando oltre la superficie, oltre la mente, oltre il cuore. La sondava, assaggiava le sue parti migliori. La spogliava, la lambiva. Coglieva le sue debolezze e le sue emozioni, cercava di capire dove lei fosse disposta ad arrivare, dove si sentisse più forte.
E proprio lì iniziava a mettere dei piccoli lacci per indebolirla. Nel desiderio d’affetto e di attenzioni coglieva la sua fragilità ed esibiva sentimenti d’amore per legarla a sé. La blandiva, fingendosi stregato. In realtà sapeva già tutto di lei. In realtà l'aveva già in pugno.  
Aderire perfettamente, come una seconda pelle, ai desideri, alle debolezze, alle sofferenze dei vampiri di emozioni, è questa la capacità camaleontica e pericolosa del demone irretitore.
Laddove il vampiro affascina per suscitare emozioni, il demone lentamente finge di cedere, di aprirsi, di lasciar cadere le difese. In realtà costringe l’altro ad abbassare le proprie, in un gioco astuto dove il demone è il solo a sapere la vera natura di entrambi i contendenti. Il demone cattura, fingendosi catturato.
E allora, lei...
Giorgio De Chirico - Ettore e Andromaca

mercoledì 28 settembre 2011

Il bacio - Racconto di Daniela Invernizzi (Puntata 2 di 3)

È ancora più carino oggi, con il pullover senza maniche, come i brokers al cinema. È più giovane di lei e non è sposato, non è fidanzato, qualcuno insinua che sia gay, forse è solo un po’ imbranato.
È stato assunto da poco, è l’ultimo acquisto del premiato studio Sarti-Imbesta Commercialisti e non ha ancora legato con nessuno, tranne che con lei. A lei ha fatto subito un po’ tenerezza, così sempre in disparte, un po’ sfigato.
Ha sempre avuto questa attrazione per i più deboli, si è tirata in casa gatti ammalati, amiche dal cuore infranto, vecchiette in cerca di compagnia.
Forse ha sbagliato lavoro, doveva fare l’infermiera, l’assistente sociale, quelle robe lì. Invece è diventata ragioniera e sgomita ogni giorno per un posto al sole.
  “È moscio” aveva detto la Gualandris pochi giorni dopo il suo arrivo, “Carino, ma moscio” e così aveva stabilito, nunc et semper, la segretaria numero uno, dall’alto della sua notevole esperienza in fatto di uomini.
A Giulia non importava se fosse un moscio o un duro, gli era grata di quella volta davanti al caffè, quando avevano parlato di pittura, una delle sue grandi passioni.
Lui le aveva detto di essersi appena iscritto a un corso, di come lo faceva stare bene sporcarsi le mani, riempirsi di colori, parlare di linee, vuoti, spazi, fiori e visi.
Lei gli aveva parlato della sua passione per Klimt, della languida sensualità della sua arte, della sua capacità di indagare le donne, di cogliere l’attimo; e lui l’aveva guardata strano, come se all’improvviso si fosse trasformata in un altro essere.
Poi però non si erano quasi più parlati, il dottor Sarti aveva requisito Alberto per iniziarlo ai Segreti del Tempio, e tutto era tornato come prima, nel grigiume.
  Alberto si avvicina alla sua scrivania, si siede su un angolo.

“Ciao, Giulia.”



venerdì 23 settembre 2011

Vampiri di Emozioni - di Marino Polgati (Puntata 1 di 3)

Il primo di una galleria di ritratti dell'autore Marino Polgati. Iniziamo con "Vampiri di emozioni". Oggi la prima parte, venerdì 30 settembre la seconda e venerdì 7 ottobre la terza. 
                                                       
                       VAMPIRI DI EMOZIONI

Vampiri di emozioni. Esemplari rarissimi di una genìa speciale. Vampiri gentili che suscitano emozioni positive anche per potersene nutrire. Di fatto considerabili come allevatori di emozioni. Per sopravvivere. All’angoscia, alla sofferenza, al dolore, alla tristezza, ma principalmente a quell’inquietudine che lentamente tutto livella e uccide, pur lasciando in apparenza vivi.
Vivi ma vuoti. Nell’indifferenza e nella solitudine.
Lei era un vampiro di emozioni ed era speciale, in questo. Sapeva risvegliarti emozioni che non credevi nemmeno più di avere. Ti sfiorava la mente con un sorriso e il tuo cuore iniziava a danzare. Ti parlava e sentivi che le tue membra si scioglievano. Ti guardava negli occhi e tu precipitavi in un abisso.
Amore? Sì, probabilmente amore. La sua sola attenzione ti faceva innamorare. Amore tenero, delicato, puro. Sceglieva uomini all’apparenza ormai svuotati dentro, quasi morti. Uomini che secondo lei però meritavano attenzione, che qualcosa di buono al mondo potevano ancora dare. E, dal mondo, avere. E allora li riportava alla vita. Quello che lei risvegliava, che suscitava, in parte le serviva, quindi agiva anche per sé.
In un mondo di emozioni spente e di sterminate mandrie di uomini soli, in attesa di una speranza qualsiasi, il vampiro, allevatore e consumatore di emozioni, trova cibo ad ogni angolo. Valuta attentamente, sceglie, colpisce. Ma la facilità con la quale riesce a cibarsi lo porta col tempo a sottovalutare i possibili pericoli. Sembra quasi che questi non esistano, e a poco a poco, in assenza di pericoli evidenti, il vampiro d’emozioni si sente al vertice di questa strana catena alimentare. Al vertice, quindi senza nemici. Ma i nemici ci sono sempre. Fra questi c’è […]


Maschere di Giorgio De Chirico

giovedì 22 settembre 2011

Provarci, sempre

Una cara amica di “Eppur si scrive”, che ringrazio, mi ha inviato qualche tempo fa una poesia di Charles Bukowski che non conoscevo. La poesia si intitola “E così, vorresti fare lo scrittore?” e dà anche il titolo, ho scoperto poi, a una raccolta postuma uscita in Italia per Guanda e tradotta da Simona Viciani.

Nella versione originale la poesia si intitola “So, you want to be a writer?”. Il testo evoca il messaggio che sulla lapide dello scrittore (e anche in una delle sue poesie) recita “Don’t try” (Non provare). Bukowski spiega la frase in una lettera del 1963 (il brano che segue è tratto da Wikipedia):

«Qualcuno in uno di questi posti... mi chiese: “Cosa fai? Come scrivi, come crei?" Non lo fai, gli dissi. Non provi. È molto importante: non provare, né per le Cadillac, né per la creazione o per l'immortalità. Aspetti, e se non succede niente, aspetti ancora un po’. È come un insetto in cima al muro. Aspetti che venga verso di te. Quando si avvicina abbastanza, lo raggiungi, lo schiacci e lo uccidi. O se ti piace il suo aspetto ne fai un animale domestico.»

Il consiglio di “non provare” mi trova in totale – o quasi totale – disaccordo, dal punto di vista sia morale che strettamente tecnico. Come molti, scrivo con esiti alterni: a volte meglio, a volte peggio. Ci sono periodi in cui sono piena di idee che aspettano solo di essere “fissate” sul foglio bianco e trasformate in storie; e ce ne sono altri in cui faccio fatica a mettere insieme due parole. Ma anche nelle giornate in cui scrivere è più difficile e provo la sensazione che sarebbe saggio dedicarmi ad altro, non rimpiango mai di averci almeno “provato”.
 
Provarci è un gesto di fiducia verso di sé e verso chi avrà la pazienza di leggerci anche quando avremo prodotto mezzo chilo di fuffa. Provarci (e spesso, non riuscirci) è l’anello di congiunzione con il riprovarci domani (e forse, riuscirci). È come percorrere a tentoni un corridoio buio: prima o poi ci sarà una porta, e oltre la porta, forse, una stanza illuminata. Ma intanto, avremo imparato a camminare nell’oscurità.

Per tornare a Bukowski e alla distanza siderale che mi divide da lui (in termini di approccio alla vita e, soprattutto, di talento – il suo, ovviamente), ho voluto fare dell'incontro con questa poesia un’occasione di “cimento” e di dialogo con l’autore.

Vi propongo allora, oltre ai versi dirompenti di Bukowski, una versione rimaneggiata dello stesso scritto, che propone la filosofia opposta, improntata alla fiducia nel gesto quotidiano di scrivere. A volte meglio, a volte peggio. Anche quando costa fatica e sembra che non abbia senso farlo.
Il nuovo testo altro non è che un esercizio di riscrittura. È dedicato a voi che amate scrivere e parlare di scrittura, perché sentite che vi fa bene e perché avete voglia di... provarci.

E così vorresti fare lo scrittore?
 
Se non ti esplode dentro
a dispetto di tutto,
non farlo
a meno che non ti venga dritto
dal cuore e dalla mente e dalla bocca
e dalle viscere,
non farlo.
 
se devi startene seduto per ore
a fissare lo schermo del computer
o curvo sulla macchina da scrivere
alla ricerca delle parole,
non farlo.
 
se lo fai solo per soldi o per fama,
non farlo
se lo fai perché vuoi
delle donne nel letto,
non farlo.
 
Se devi startene lì a
scrivere e riscrivere,
non farlo.
se è già una fatica il solo pensiero di farlo,
non farlo.
 
se stai cercando di scrivere come qualcun altro,
lascia perdere.
 
se devi aspettare che ti esca come un ruggito,
allora aspetta pazientemente.
se non ti esce mai come un ruggito,
fai qualcos'altro
 
se prima devi leggerlo a tua moglie
o alla tua ragazza o al tuo ragazzo
o ai tuoi genitori o comunque a qualcuno,
non sei pronto.
 
non essere come tanti scrittori,
non essere come tutte quelle migliaia di
persone che si definiscono scrittori,
non essere monotono o noioso e
pretenzioso, non farti consumare dall'autocompiacimento
 
le biblioteche del mondo
hanno sbadigliato
fino ad addormentarsi per tipi come te
non aggiungerti a loro
non farlo
 
a meno che non ti esca
dall'anima come un razzo,
a meno che lo star fermo
non ti porti alla follia o
al suicidio o all'omicidio,
non farlo
a meno che il sole dentro di te stia
bruciandoti le viscere,
non farlo.
quando sarà veramente il momento,
e se sei predestinato,
si farà da sè e continuerà finchè tu morirai o morirà in te.
 
non c'è altro modo
e non c'è mai stato.
 
 
Charles Bukowski

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E così, vorresti scrivere? Bene. 
 
Che ti esploda dentro o che sia solo un mormorio sommesso,
scrivi.
Anche se sembra 
che la voce stoni
che il cuore menta
che la bocca finga
che il sangue geli,
scrivi. 
 
Se è solo una parola al giorno,
scrivi. 
Un giorno saranno due, e poi quattro, e poi otto. 
  
Se lo fai per soldi o per fama,
scrivi comunque. 
Se lo fai perché vuoi delle donne nel letto, immaginale
e scrivi di loro. 
 
Se devi startene lì 
scrivere e riscrivere,
fallo. 
Se è già una fatica solo il pensiero di farlo,
smetti di pensare e scrivi. 
 
Se stai cercando di scrivere come qualcun altro,
chiediti se è quello che vuoi davvero. 
 
Se devi aspettare che ti esca come un ruggito, aspetterai tutta la vita. 
Se non ti esce mai come un ruggito, aspetta pazientemente, ma intanto scrivi. 
 
Se prima devi leggerlo a tua moglie 
o alla tua ragazza o al tuo ragazzo o ai tuoi genitori
o comunque a qualcuno, ringraziali della pazienza e delle critiche.
 
Non essere come tanti scrittori, 
non essere monotono o noioso o pretenzioso,
non farti consumare dall’autocompiacimento:
scrivi. 
 
Le biblioteche del mondo ti aspettano
per condividere il loro immenso multanime contraddittorio sporco prezioso tesoro 
Non temere di versare la tua goccia
nel mare,
scrivi. 
 
Che sia o meno un razzo
esploso dalla tua anima,
scrivi.
Anche se domi le tue follie
se non ti travolgono istinti di vita o morte,
se il tuo sole scalda senza bruciare,
scrivi. 
 
Sarà fatica – spesso.
Sarà dolore – a volte. 
Si farà da sé – a un tratto.  
Sarà una gioia – rara. 
Sei tu a predestinarti,
a determinare il momento. 
Continuerà finché tu morirai
o morirà in te.
 
Non c'è altro modo
e non c'è mai stato:
scrivi. 

Giuliana Salerno


 
 








mercoledì 21 settembre 2011

Il bacio - Racconto di Daniela Invernizzi (Puntata 1 di 3)

Pubblichiamo oggi la prima puntata de “Il bacio”, racconto breve di Daniela Invernizzi. Mercoledì 28 settembre e mercoledì 5 ottobre la seconda e la terza puntata.

Buona lettura!
 
Il bacio

È un rumore costante, ma non fastidioso: il ticchettio della pioggia che si confonde con quello della tastiera. Giulia si strofina gli occhi, sbuffa, osserva fuori dalla finestra la tristezza novembrina. Un indefinito numero di grigi le riempie la vista. Sbatte le ciglia come le ha detto di fare il medico del lavoro, poi torna alla tastiera, al campo di battaglia. Anche lì grigiume, toni neutri, se si eccettua il maglione rosso fuoco del ragionier Cattaneo, l’unico abbronzato del gruppo, appena tornato da una vacanza ai tropici. Gli invidia quel bel colorito, che evoca sale, sole, pelle profumata, notti stellate e carezze. Il cliché delle vacanze al mare.

Magari invece si è svenato per andarci, e una volta là ha litigato con la moglie, si è fatto mangiare dalle zanzare, si è lamentato del cibo, della mancanza degli spaghetti, della pulizia approssimativa, delle mante che non si sono fatte vedere.

Chi ha il pane non ha i denti, eccetera, pensa Giulia, e intanto si alza per sgranchirsi le gambe, fare due passi, come ha detto il medico del lavoro, ché ogni tanto bisogna staccarsi da quel computer lì.

Va in bagno, tanto per fare un giro, si lava le mani, si ravvia i capelli. Che schifo di capelli.

Si guarda senza sorpresa, non è mai stata bella, non lo era nemmeno a vent’anni. Sempre con qualche chilo in più, qualcosa di stonato addosso, un lieve malessere generale.

Nell’open space stanno lavorando di brutto, ci sono le scadenze fiscali di novembre. Tastiere, fogli che passano di mano, occhiali, stampanti, voci al telefono, voci che discutono: sono almeno in quindici, lì dentro, ma è come se fossero tutti soli, pensa Giulia. Tutti con la testa nel grigiume.

Alberto entra in quel momento, si guarda intorno, saluta con un cenno della mano.

Giulia lo osserva dalla scrivania, senza alzare gli occhi.



martedì 20 settembre 2011

Letture in corso - di Daniela Invernizzi

Sul comodino:
Oscar Wilde, Il fantasma di Canterville e altri racconti

Sulla scrivania (oltre al consueto casino e qualche abbozzo di racconto):
Luigi Pirandello, Una giornata
R. Harvell, L'esatta melodia dell'aria

In borsa:
Luca di Fulvio, Kosher mafia (inediti d'autore del Corriere della sera)


venerdì 16 settembre 2011

Letture in corso


Sulla scrivania:
Benjamin, Walter, Il narratore, Einaudi, 2011 (A cura di Alessandro Baricco).
Carver, Raymond, Principianti, Einaudi, 2009.
Coelho Paulo, Manuale del guerriero della luce, Bompiani, 2005.
Lucchini, Alessandro, Business Writing, Sperling & Kupfer, 2001.
Petrilli, Maria Rosaria, Cenni biografici su Margherita di Brabante ed Enrico VII (internet).

In borsa:
Piccolo, Francesco, Momenti di trascurabile felicità, Einaudi, 2010.
 
Sul comodino:
Pamuk, Orhan, La valigia di mio padre, Einaudi, 2007.


Principianti di Raymond Carver è la versione originale della seconda raccolta di Carver, Di cosa parliamo quando parliamo d’amore, pubblicata nel 1981. Ho finalmente letto “Una cosa piccola ma buona” nella sua lunghezza originale: circa trenta pagine di racconto contro le neanche dieci del corrispondente “Il bagno”. Sono sbalordita dalla bellezza della prima versione del racconto, quella che non era ancora stata “smembrata” dall'editor Gordon Lish. Sto riscoprendo Carver, la sua pienezza di sentimenti e la sua genialità di autore. Come scrive Joseph Roth in quarta di copertina nell’edizione Einaudi del 2009, “Mai opera narrativa ebbe meno bisogno di revisioni. Eppure in occasione della sua prima pubblicazione il testo fu non solo rivisto, ma addirittura fatto a pezzi da un editor”.

Momenti di trascurabile felicità è un “tomino” di neanche 140 pagine da centellinare in giro, per trasformare le attese estenuanti (al semaforo, alla posta, al supermercato) in brevi, troppo brevi intervalli di profonda gioia. E poi è un super-regalo della mia amica scrittrice Anna Martinenghi…
 
E tu? Cosa leggi in coda al supermercato?

giovedì 15 settembre 2011

Eccomi qua

Cari autori che “eppur scrivono”

eccomi a voi in questo intermezzo caldo di fine estate, quando il più è fatto (i bagni, le passeggiate, i gelati e i chiari di luna sul mare) e il meglio deve ancora venire (la nostra collezione autunno/inverno di parole da tessere e indossare).

In questi giorni ho ripreso il bandolo della nostra matassa e sto provando a scioglierne i nodi. Il programma del nuovo corso di scrittura è sulla mia scrivania, caldo caldo di stampante come pane tolto ora dal forno. Tra un paio di settimane spero di darvene notizia più precisa, così come conto di aggiornarvi a breve sull’antologia di cui già sapete.

Nel frattempo, vi invito a scrivermi all’indirizzo e-mail giulianasalerno@yahoo.it nel caso vogliate pubblicare qualcosa di vostro su questo blog: poesie, fotografie, racconti, notizie, segnalazioni, recensioni, articoli e altro che riguardi la scrittura in genere e gli eventi degni di nota.

Non mancherò di inserire nel blog il materiale che riterrò più interessante e di firmarlo, se vorrete e se me ne darete autorizzazione scritta, con il vostro nome e cognome.

Vi aspetto!

Buone parole a tutti (dette, pensate, taciute e, soprattutto, scritte)


Giuliana Salerno


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