giovedì 31 maggio 2012

Il Paese che non c'è - Programma di giugno 2012


Chi viene?   :-)
G.S.







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Venerdì 8 Serata di lettura per riscoprire il piacere dell'ascolto e della lettura.
Tutte le strade portano a Kerouac. Tema: il viaggio. Ore 20.30 Ingresso libero

Sabato 9 Laboratorio di scrittura creativa dall’incipit alla scelta dello stile
Scrivere un racconto per partecipare ai premi letterari. Ore 15.00- 20.00 Laboratorio gratuito
16 e 17 Scrivere un romanzo a cura di Angela Sabella
Il corso è rivolto a tutti coloro che hanno un progetto narrativo e lo vogliono sviluppare
Sabato e domenica ore 10.00 - 13.00 e 15.00 – 19.00. Euro 180,00 Richiedere scheda iscrizione
23 e 24 Siamo tutti un best seller a cura di Roberto Ferrario
Quanti modi di scrivere conosci? Quali ingredienti usi per raccontare una storia? Come scrivi?
Sabato e domenica ore 10.00 - 13.00 e 15.00 – 19.00. Euro 180,00 (sconto studenti) Richiedere scheda iscrizione
30 Aperitivo letterario Se una sera d’estate un lettore e uno scrittore…
Ore 17.00 Presentazione del libro “L’amore al tempo di Putin
di Francesca Rivolta Edizioni Tracce
Ore 18.00 Letture da “ Il castello dei destini incrociati ” di Italo Calvino
Hai letto un libro e vorresti consigliarlo ad altri? Vieni a raccontarcelo
Sei in partenza e non hai deciso che libro mettere in valigia? Vieni a sentire i nostri consigli
Possibilità lettura tarocchi
Il Paese che non c’è
Bergamo via Sant’Alessandro, 32
INFO
377.1246697
ilpaesechenonce@tin.it

Ingresso libero

Per motivi organizzativi si prega di comunicare
la propria presenza e quella di eventuali ospiti

mercoledì 30 maggio 2012

Appunti dal corso - Incontro di sabato 19 maggio - La revisione del testo

Circa un anno fa, la nostra collega Daniela B. riassumeva così l’incontro dedicato alla revisione del testo.
Per una volta prendo una scorciatoia e vi invito a… rivederlo.
A presto,

G.S.


Appunti dal corso - Incontro di sabato 12 maggio - Scrivere il finale

“Il climax è l’interrogazione finale
la cui risposta deve contenere in sé
un fardello inimmaginabile di dolore e di disperazione.
Si può dire che il componimento
prenda inizio da questo punto:
dalla fine, cioè da dove tutte le opere d’arte
dovrebbero incominciare.”
Edgar Allan Poe

Cosa si prova a scrivere il finale di una storia?
Nulla di particolare, se quel finale è figlio di ciò che abbiamo raccontato. Sollievo, se per tutto il tempo abbiamo temuto che non saremmo stati capaci di scriverlo.
Perplessità, se quello che abbiamo scelto è il finale di un’altra storia. Se è un epilogo finito lì per caso, che c’entra poco sia con le premesse, sia con il cuore del nostro racconto. Se è una conclusione tirata via in fretta.  

Come si fa a scrivere il finale adatto alla nostra storia?

Nel suo prezioso corso di scrittura on line (che trovate gratuitamente qui), lo sceneggiatore Fabio Bonifacci osserva:

“[I manuali di sceneggiatura] quando arrivano al finale cominciano a intorcinarsi e a diventare evasivi. Sul concetto che dovrebbe essere decisivo, quello di climax, spendono tutti pochissime parole, come se nessuno in realtà l’avesse mai capito bene e, per prudenza, si limitassero a nominarlo.” 

Lo stesso Bonifacci aveva già notato poche righe prima:  

“Sull’inizio si può quasi ‘teleguidare’ chi scrive senza neanche sapere cosa sta scrivendo. Basta fare domande. C’è un protagonista definito? Ha una volontà precisa e – possibilmente – interessante? Quali ostacoli esterni si oppongono alla sua volontà? E quali ostacoli interiori? Cosa desidera e di cosa ha paura? C’è un evento che ‘mette in moto’ la storia?” 

Se proviamo a immaginare, anche per la stesura del finale, un set di domande “tipo”, ci rendiamo conto che la faccenda è più complicata. Perché ogni finale è un caso a sé. Più precisamente, un finale ben scritto è diretta e coerente conseguenza della narrazione che conclude. Non un alieno in arrivo da un'altra galassia, ma un'arteria già pulsante dentro l'organismo-storia.
Proviamoci lo stesso, seguendo la traccia segnata da Bonifacci e alcune indicazioni di Giulio Mozzi.
Supponiamo di essere a un buon punto del nostro racconto: ne abbiamo scritto l’esordio e lo sviluppo e ci troviamo in “zona climax”, ovvero nella parte in cui i nodi vengono al pettine. Ecco alcune domande che potremmo porci mentre iniziamo la nostra corsa verso il finale:

Quali sono i nodi principali della storia?

Ho idea di come questi nodi si scioglieranno? (Se sì, lavora su quelli. Se no, lavora su quelli.)

Mi ricordo dell’idea (del sentimento, del pensiero) che mi ha spinto a iniziare a scrivere? Potrebbe esserci un nesso tra quell’idea e il finale della storia?  

Potrebbe quell’idea iniziale corrispondere al cuore della mia storia? O potrebbe contenerne, addirittura, il finale? (In altre parole: il finale potrebbe essere nascosto nelle righe dell’esordio e nello sviluppo?).

Se decidessi di raccontare questa storia partendo dal finale, cosa scriverei?

“Nell’inizio, la fine”, potrebbe essere il titolo di questo post.
Una volta lo scrittore Giulio Mozzi, oltre a suggerirmi l’esercizio che avete trovato qui, mi ha fatto notare quanto segue:

... non mi pare il caso di cominciare a scrivere un racconto se non si ha ben chiaro come la faccenda andrà a finire. Perché poi ciò che è scritto è scritto, è diventato più vischioso, non si riesce a modificarlo più che tanto, e se ciò che è scritto ci porta lontani da un buon finale - non se ne esce più.
Direi dunque che i consigli possono essere:
- non cominciare a scrivere prima di avere un'idea precisa di come il racconto dovrà finire;
- quando si avrà un'idea precisa di come il racconto dovrà finire, provare a fare una breve traccia a partire non dall'inizio, ma dalla fine; in modo che il racconto risulti tutto costruito non sulla situazione iniziale ma su quella finale.”

Può accadere, tuttavia, di ritrovarci in mezzo al deserto. Con una storia che ci è scappata di mano, perché ha iniziato a scriversi “da sola” e noi l’abbiamo lasciata fare. Quella storia, adesso, è finita in una palude e non riesce a venirne fuori.
Cosa fare?
Probabilmente ci conviene staccarci dal lavoro per un po’. Non forzare, non “appiccicare” alla storia una conclusione frettolosa e... inconcludente.
Rileggere il testo cercando di intuirne il senso (la direzione, il significato) naturale. Lasciargli il tempo di crescere ancora dentro di noi prima di percorrere gli ultimi metri e di congedarsi: con un grazioso inchino, magari, e qualche affanno. 

Giuliana Salerno




venerdì 18 maggio 2012

Sestetto d'haiku - di Giuliana Salerno


Tra due quinari,
Esplosioni d’amore.
Un settenario

***

Frementi stanno
esplosioni d’amore.
Deflagrazione

***

Frammenti sono
esplosioni d'amore
Sillabe sparse

***


Haiku cantano
esplosioni d’amore.
E ora un quinario

***

Cinque più sette
più cinque: diciassette.
Sillabe esplose

***

Compres(s)e stanno
esplosioni d'amore
tra due quinari







Aranceide - di Antonio Ciocca

Maledizione, un’arancia!
Forse l'unica cosa peggiore di un’arancia è una pera.
Ma dico, si può essere più sfortunati?
Doveva avermi letto nella mente, nel recesso in cui custodivo il segreto: “Io non so sbucciare la frutta”.
Non poteva essere una banana? Gialla, sinuosa, creata da madre natura per essere aperta con uno, al massimo due semplici gesti.
Certo, la vitamina “C” fa bene, ma non ci trovavo nulla di benevolo nel fatto che in quel momento fossi a tavola di fronte ai miei futuri suoceri e ad una dozzina di parenti di vario grado della mia fidanzata, con una grossa arancia di Sicilia nella mano sinistra  ed un coltello seghettato e affilatissimo nella mano destra.
Avrei preferito far cascare il coltello ed amputarmi un alluce, che vivere quanto seguì da quella situazione.
Già madido di sudore, mi feci coraggio. Sentivo gli sguardi puntati su di me, una tavolata di divoratori d’arance.
Persino il piccolo Tobia, arroccato nel suo seggiolone, succhiava una fetta della sua arancia, prontamente sbucciata dalla madre. Il succo aspro gli colava dalla bocca e arrivava ad ingiallire la bavaglina, ma di lui nessuno si curava se faceva pasticci… Aveva solo due anni.
Dov’era mia madre per sbucciarmi l’arancia e dov’ero io quando, alla domanda “Ne vuole una?”, risposi “Sì, grazie, molto volentieri”?
Mi sarei dovuto mordere la lingua.
Tutti sembravano aspettare che io sbucciassi quel maledetto agrume. Lo feci.
La prima incisione fu superficiale, ma sufficiente ad arrivare a togliere uno strato di buccia e a lasciar intravedere la scorza bianca che ricopriva gli spicchi.
Il secondo affondo, forse perché rassicurato dalla buona riuscita del primo, lo diedi senza prestare attenzione e fu più marcato.
Quando mi accorsi di averci messo troppa forza, era ormai troppo tardi.
Uno schizzo di succo acido colpì, alla velocità della luce, l’ospite che mi sedeva accanto.
La neo-vedova bisnonna Anselma venne centrata nell’occhio destro, affetto da cataratta. Il suo urlo fu così forte da far piangere di spavento il piccolo Tobia. Inoltre, la signora si agitò tanto per il bruciore, da ribaltarsi dalla sedia, trascinando con sé la tovaglia e il servizio di porcellana bavarese da dodici. Sommersa da avanzi di lasagne, arrosto, patate e tiramisù, venne soccorsa dai commensali.
Io, piccolo piccolo, pensavo alla bontà delle banane.

Antonio Ciocca


Amore stanco - Bis d'haiku (di Marino Polgati)

Sole d’amore
d’acqua tiepida muore.
Poto camelie.

***

Scivola amore
dalla sponda del cuore.
Annega il sole



Claude Monet, Tramonto a Venezia

LIGHT - di Raffaella De Giorgio

Amore nuovo - Haiku di Marino Polgati

Fra le rovine
forti nascon fiori che
rompono  pietre.

***

Il cielo vuoto.
aspetta le nuvole
di primavera. 

***
 
Il pruno veste
immacolati fiori
Chiedon amore.

***

Un tempo donna
sconosciuta: disseti
la mїa vita



Nell'immagine: Prunus da fiore

giovedì 17 maggio 2012

Distanze - di Giuliana Annesi



Vuota distanza
eco risuona dentro
fuori tacendo.

(Foto e testo di Giuliana Annesi)

Tre di tre (haiku) - di Gianna R.

È Primavera.
Scoppiano arcobaleni,
sopra i balconi.


***

Sbianca la notte:
la luna rilucente
offusca il buio.

***
Iati e sillabe,
gli haiku assai ci impegnano:
dubbi amletici.


Tris d'haiku - di Giuliana Annesi


Oscuro nido
come rondine torno
al tuo respiro
***

Tazza bollente.
Abbandono pensieri:
vapore lieve

***

Polline vola
mi tormenta giocoso
ma non è neve



Prove d'haiku - di Daniela Invernizzi


Sullo Stivale
uniti pedaliamo:
Giro d'Italia

***

Del monte dolce
a Natale facciamo
tabula rasa

***

Tiepido sole
scaldi le nostre menti
prima del corpo

***

È ladro il viaggio
al treno della vita
ruba minuti

***
Ogni mattina
il tuo bacio mi coglie
impreparata.


mercoledì 16 maggio 2012

Esercizi per sabato 19 maggio (3 di 3)

TERZA TRACCIA – Esamina gli esordi e i finali di due o tre storie (romanzi o racconti) che ricordi. La scena finale e quella iniziale sono collegate tra loro? O i due scenari sono lontanissimi e profondamente diversi? Porta in aula gli esempi che hai trovato.

Esercizi per sabato 19 maggio (2 di 3)

SECONDA TRACCIA – Scrivi ciò che ti fa venire in mente questo finale dato: “Mentre puliva il coltello, si rese conto che l’amava ancora”. Nel farlo, rispondi sinteticamente alla domanda: “Cosa è successo prima?”.

L’esercizio differisce dal precedente per almeno due motivi:

1.    Il finale è, per l’appunto, “dato”, come nel caso precedente, ma “dato da qualcun altro”: nella fattispecie, l’idea è di Giulio Mozzi. Se volete vedere un esperto della scrittura al lavoro, fatevi un giro qui. 

2.    Non vi chiedo, come nella prima traccia, di scrivere un racconto. Vi chiedo di riassumere in una quindicina di righe o giù di lì la prima immagine/idea/porzione di antefatto che vi è venuta in mente leggendo la frase in questione. Attenzione: non la seconda, non la terza. La prima.





Esercizi per sabato 19 maggio (1 di 3)

Riesco solo oggi a pubblicare le tracce degli esercizi per il decimo e ultimo incontro di Eppur si scrive 2.
Gli esercizi sono tre. Vi chiedo di svolgerne almeno due. Se non doveste riuscire a completarli per sabato 19 maggio, potete tranquillamente inviarmeli entro il prossimo mese e io vi scriverò, comunque, un parere.
Ecco la prima traccia di questa settimana. Nei post successivi, la seconda e la terza traccia.  

PRIMA TRACCIA - Scrivi il finale di un racconto. Poi immaginane l’antefatto e scrivi una storia che abbia esito in quel finale.  

Rispondo ad alcune delle domande che mi avete posto in questi giorni, sperando che aiutino a diradare (“diradare”, ho scritto, non “dissolvere”! J) i vostri dubbi. Chiedete ancora, se vi occorre o anche se l'argomento vi stimola.

1)    La storia devo solo immaginarla o anche scriverla?
La devi immaginare e scrivere.

2) Devo mettermi subito a scrivere o prima immaginare la storia che scriverò?
Dipende da come sei abituato a lavorare. In generale, il consiglio è di aspettare un po’ prima di mettersi a scrivere. Di prendere confidenza con l’ambiente che sta si sta formando nella propria immaginazione e con i personaggi che iniziano ad abitarlo. E quindi, di allenarsi a “sentire” il momento in cui è il caso di iniziare a scrivere. Ovviamente questa è un’indicazione di massima, non una regola.  

3) E quando “mi sento pronto”, devo scrivere tutta la storia di getto?
Anche in questo caso, dipende da cosa ritieni funzioni meglio per te. Puoi scrivere “di getto” e vedere dove arrivi (nel caso di questo esercizio, avrai già stabilito l’esito della storia).
Oppure, se nella tua mente ha preso forma solo una parte della storia, puoi iniziare a scrivere e, alla prima pausa, far lavorare l’immaginazione. Quindi, riprendere a scrivere, lasciando che l’immaginazione e la scrittura continuino a passarsi di volta in volta il testimone influenzandosi a vicenda.  

4) E se mentre scrivo mi rendo conto che la storia mi porta verso un finale diverso da quello che avevo stabilito?
In generale, consiglierei di assecondare la direzione che la storia prende naturalmente.
Nel caso specifico di questo esercizio, ti suggerisco di fare uno sforzo di coerenza con le decisioni prese in partenza, anche se questo richiede più impegno.
Scopo dell’esercitazione è anche abituarsi a cercare di risolvere situazioni apparentemente senza via d’uscita.
Se, mentre sta andando a disinnescare una bomba a orologeria, il mio personaggio viene rapito e rinchiuso in una stanza senza porte né finestre, ho un bel problema da risolvere.
Da un lato, potrei cancellare quello che ho scritto e ripensare i fatti (scelta consigliata se mi sono buttata a scrivere troppo, troppo in fretta…).
Dall’altro, potrei accettare la sfida e cercare di risolvere il rompicapo. E magari prenderci gusto, e riuscirci!

5)    Dopo aver scritto il finale, devo scrivere la storia a partire dall’inizio?
Se la domanda è “Da quale punto deve iniziare la storia?”, la risposta è: non ha importanza; la prima scena del tuo racconto può anche trovarsi in medias res o in prossimità del finale stesso. Poi potrai sviluppare la vicenda in altre direzioni spazio-temporali, chiarendo (o non chiarendo) cosa sia accaduto prima, cosa accadrà dopo, quali eventi porteranno alla conclusione data.
Se invece la domanda è “Scritto il finale, devo subito iniziare a scrivere/immaginare l'incipit, ovvero le prime battute della storia?”, la risposta è: non è obbligatorio farlo. Immagina un possibile antefatto al finale che hai prestabilito, ma non sentirti costretto a scrivere subito l’attacco della tua storia. Inizia a scrivere da dove ti viene meglio. L'incipit, prima o dopo, verrà.




giovedì 10 maggio 2012

Il mondo in una foto - di Raffaella De Giorgio

HAIKU - Comunicazione



Haiku mandare
di un solo settenario.
Inchino io fare.

G.S.

A tutti coloro che questa settimana hanno scritto e inviato haiku: grazie!!! Alcuni sono veramente bellissimi.
Vi chiedo la cortesia di portarne una copia cartacea in aula.
In questo modo potremo risolvere alcune questioni di metrica in una volta sola, invece di lavorare via e-mail su ogni singolo haiku:

- sia per stabilire una regola univoca per il conteggio delle sillabe (che, ricordo, devono essere 17 divise tra due quinari e un settenario, di solito nella sequenza 5-7-5);
- sia per sistemare insieme gli haiku che, proprio per un errore di conteggio, presentano qualche sillaba in più o in meno.

Fugati i dubbi e risolte le questioni sospese, se vorrete, la prossima settimana pubblicheremo i vostri haiku sul blog.
Grazie dell'entusiasmo e della partecipazione!

Giuliana Salerno
P.S.: Per gli autori che mi stanno mandando haiku "a puntate": metteteli tutti in un documento unico, please!!!












mercoledì 9 maggio 2012

"Neve" di Maxence Fermine

Si spacca la brocca d’acqua
(Stanotte ha gelato)
Mi desta.
Bashô


“Cos’è la poesia?” domandò il monaco.
“È un mistero ineffabile,” rispose Yuko.
Un mattino, il rumore della brocca dell’acqua che si spacca fa germogliare nella testa una goccia di poesia, risveglia l’animo e gli conferisce la sua bellezza. È il momento di dire l’indicibile. È il momento di viaggiare senza muoversi. È il momento di diventare poeti.
Non abbellire niente. Non parlare. Guardare e scrivere. Con poche parole. Diciassette sillabe. Un haiku.
Un mattino, ci si sveglia. È il momento di ritirarsi dal mondo, per meglio sbalordirsene.
Un mattino, si prende il tempo per guardarsi vivere. 

***

Da Neve, “e si amarono l’un l’altro sospesi su un filo di neve”, di Maxence Fermine, Bompiani, 1999.

***
Maxence Fermine è uno scrittore francese nato nel 1968.


Copertina del libro Neve di Maxence Fermine



martedì 8 maggio 2012

Ricordi d'arancia - di Marino Polgati

Posizione scomoda per sbucciare un’arancia.
In mezzo alla stanza, appeso ad una trave a testa in giù, e come aggancio le sole gambe piegate.
È anomalo, lo so! Ma è il mio modo abituale per sbucciare le arance e mangiarle evitando di sgocciolarmi sui vestito. Le gocce, per gravità, cadono verso il basso, perciò lontano da me. Le dita accarezzano la buccia esterna e scivolano sul silicone con cui è stata spruzzata per aumentarne il tempo di conservazione. Il profumo inizia a sentirsi solo appena affondo le dita e comincio a sbucciarla. I polpastrelli si bagnano e si colorano del bianco della buccia interna. Significa che con la prossima sigaretta, per qualche secondo, aspirerò sentore d’arancia. Sarà senz’altro più buona.
Maledetto Natale. Ogni volta che le narici aspirano odore d’agrumi, nel cervello è come se apparisse una gigantesca scritta prepotente e luminosa: “NATALE”. L’odore arriva direttamente nell’area dei ricordi d’infanzia e li attiva. Quasi sempre malinconici. Sento perfino il freddo invernale sulla pelle, nonostante ormai sia giunto il tepore primaverile.
Schiaccio la buccia verso gli occhi. Piccole gocce schizzano a farli bruciare.
“Ti vengono gli occhi belli,” mi diceva mia madre quando piangevo perché mio fratello mi spruzzava in viso quelle stesse gocce.
Forse è meglio scendere dalla trave, ora. Mi va il sangue alla testa.
Questa storia di utilizzare i sensi per descrivere un oggetto mi ha fatto venire in mente una professoressa di lettere, laureata in filosofia, con la quale ho litigato, quasi da fare a botte, alla prima lezione.
“Descrivete il banco utilizzando tutti i vostri sensi.”
Quando legge la mia descrizione, fa uno scatto dalla sedia e si mette a urlare che lei non si fa prendere per il culo da nessuno. Tutto perché nella descrizione ho utilizzato anche il gusto, simulando di aver leccato il banco, il caldo ripiano e il freddo metallo delle gambe.
Alla seconda lezione sono uscito dall’aula e mi sono ritirato dalla scuola.
Però questa è un’arancia, non un banco di scuola. Perciò il gusto lo posso utilizzare. Assaporo a lungo una fetta, dopo averla schiacciata contro il palato per sprigionarne il liquido pieno di intenso aroma che mi sale, dall’interno, perfino nel naso.
Com’è dolce, nonostante la nota d’aspro della vitamina C.
Beh, non so cosa più cosa scrivere, e intanto mi mangio tutta l’arancia. Lentamente. Fetta a fetta. È perfino rilassante.
Porca miseriaccia, mi sono macchiato maglia e pantaloni. Lo sapevo, sarei dovuto rimanere appeso alla trave.

Marino Polgati

Appunti dal corso - Incontro di sabato 5 maggio - Tempi di poesia

“[…] la poesia cova nascosta, silenziosa,
come una forza segreta e insurrezionale.
È un contagio gioioso, sotterraneo,
ciclicamente pronto a riemergere improvviso.”
Valerio Magrelli


Non di trame e personaggi, ma di terzine e settenari s’è parlato sabato scorso in aula. Non di dialoghi né di voce narrante, dunque, ma di strategie metriche, retoriche e stilistiche, e del sentimento di cui queste possono animarsi.
La professoressa Giuseppina D’Agostino ci ha traghettato oltre le nostre prove di racconto in prosa, nei mari intimi e simbolici della poesia classica e più tardi, con l'associazione Clementina Borghi, in quelli tumultuosi dell’esperienza di Vivian Lamarque.
Dopo un lungo oblio, ecco riapparirci le movenze de la donna mia quand’ella altrui saluta, la profondissima quiete ispirata dall’ermo colle, i nudi piedi di Valentino vestito di nuovo, le sacre sponde che né più mai toccherò, il ristoro di giugno sul verde melograno e il disperato canto alla silenziosa luna.
Non fu sempre dolce il nostro incontro giovanile con i poeti; non sempre ci venne facile seguire e apprezzare la loro voce. Eppure, sabato scorso ha segnato, per alcuni di noi, l’inizio di una riconciliazione con chi, come i poeti, ha saputo riunire “zefiri sereni” e “spirto guerrier”, e che oggi meglio di altri interpreta le necessità del nostro tempo.
Perché spesso, per scrivere un post, un tweet o un sms ci vengono in soccorso proprio la brevità e l’efficacia di un verso. Oggi più di ieri, sintesi e velocità sono esigenze che possono incarnarsi nella poesia.
Sarà un caso che a vincere il Nobel per la letteratura pochi mesi fa sia stato un poeta? Sarà un altro caso che proprio in quest’epoca si siano accorti in tanti dei versi liberi (e forti, e densi) della polacca Szymborska?
E che dire della suggestione del giapponese haiku, poesia brevissima diventata per molti di noi un passatempo, un gioco, un’occasione?
Proprio con un invito a scrivere haiku Giuseppina D’Agostino ha dato il via al primo apprendistato poetico di “Eppur si scrive”. Tutti a comporre attimi poetici, allora. Tempo di coglierli e di vestirli di versi. Ora di contar sillabe (poche, pochissime). Da snocciolare in breve, e a breve, su questo blog.

Giuliana Salerno

Un gatto nero
in candeggina finì.
Un gatto bianco.
Pino Pace

lunedì 7 maggio 2012

Rubrica sull'arancia, bozza di statuto/decalogo


  1. È costituita sul blog “Eppur si scrive” la rubrica sull’arancia.
  2. La rubrica sull’arancia è una rubrica di fatto, apartitica e apolitica, con durata illimitata nel tempo e senza scopo di lucro.
  3. La rubrica persegue i seguenti scopi:
-        diffondere la cultura multisensoriale dell’arancia;

-      ampliare la conoscenza dei fenomeni letterari e artistici che da secoli scaturiscono dall’arancia;

-        proporsi come luogo di incontro e aggregazione di cultori e appassionati dell’arancia;

-        promuovere la produzione di testi scritti (saggistica, poesia, narrativa etc.), opere d’arte figurativa (foto, dipinti etc.) dibattiti, conferenze, seminari, proiezioni di film sull’argomento, corsi di aranciaterapia, l’istituzione di gruppi di studio e di ricerca sull’arancia.

  1. La rubrica si alimenta del contributo di coloro che, interessati alla realizzazione delle sue finalità istituzionali, ne condividono lo spirito e gli ideali.
  2. La rubrica si alimenta altresì di effettive donazioni di arance (meglio se in cassette, meglio se di Sicilia) da inviarsi all’indirizzo che verrà comunicato a chi ne farà richiesta.
  3. Per diventare autori della rubrica sull’arancia è necessario realizzare e inviare al blog “Eppur si scrive” all'indirizzo e-mail giulianasalerno@yahoo.it testi o immagini che abbiano diretta attinenza con il frutto di cui trattasi.
  4. Non saranno accettati testi o immagini che non interpretino lo spirito e le caratteristiche della rubrica fin qui enumerate (e abbiano per tema, ad esempio, ortaggi o frutti diversi dall’arancia).  
  5. Contro il rifiuto di ammissione di testi o immagini trasmessi è ammesso appello, entro 30 giorni, al collegio dei soci arancivori.
  6. Le risorse economiche della rubrica sono costituite da:
-        un congruo spazio virtuale nella rete corrispondente all’area fisica e mentale in cui si sviluppa il blog “Eppur si scrive”;  

-        una decina di testi già pervenuti all’amministratrice arancivora del blog;

-        due cassette di arance, per un totale di 41 arance;

-        due boccette spray di essenza d’arancia;

-        donazioni e lasciti;

-       un albero di arance in un giardinetto localizzato in area che qui, per prudenza, non viene precisata.

  1. Le elargizioni di testi, immagini e arance sono accettate dall’assemblea, che delibera sulla loro utilizzazione in armonia con le finalità statutarie della rubrica.