Immaginate di essere un abitante di Canicattì, provincia di Agrigento,
che si diletta nella scrittura.
Immaginate di aver preso parte, con un componimento breve, a un
premio letterario internazionale organizzato da un comune del bresciano dal
nome un po’ barbuto e un po’ lèttone.
Immaginate che la segreteria organizzativa del premio vi abbia
contattato per comunicarvi che potreste essere nella rosa dei vincitori – i nomi
dei quali verranno resi noti solo nel corso della cerimonia di premiazione – e che
il vostro lavoro sarà pubblicato, comunque, nell’antologia che raccoglierà le
opere giudicate più meritevoli e qualitativamente degne di nota.
Immaginatevi, dunque, a fare due conti. Voi abitate, come detto, a Canicattì.
Il viaggio è lungo e oneroso e voi lavorate con contratto a progetto. I
progetti che potete fare per voi stessi sono, in realtà, circa 0,00001 all’anno.
Però voi alla cerimonia premiazione ci volete andare: al momento dell'iscrizione al concorso sapevate benissimo che da qui a lì c'erano - fonte Google Maps - 1462 chilometri, 15 ore e 11 minuti di auto; quindi, è inutile rammaricarvi a posteriori di non aver puntato su un obiettivo geograficamente più prossimo.
E allora, è bello sognare
un po’. Magari avete vinto voi. Magari avete sbaragliato tutti. Magari – più probabilmente
se siete una donna, diciamocelo – la vostra immaginazione è già migrata tumultuosamente
in guardaroba, incalzata dalla domanda “Cosa mi metto?”.
Vi sembra di sentire già la suspense. Il palco, le prove microfono, i
flash. Il discorso della giuria, i ringraziamenti degli sponsor, la prolusione
del sindaco, il momento della proclamazione. Terzo classificato… Secondo
classificato… Primo classificato… Il vostro nome che si libra dalla giuria al
pubblico. Voi che vi alzate in piedi con sussiegosa reticenza.
Poi riaprite gli occhi, vi ammonite duramente: “Non essere ridicolo/a,
figurati se premiano te, eccetera eccetera”. Decidete ugualmente di partire:
sarà un diversivo, un'esperienza, un modo di incontrare gente nuova.
Il giorno arriva. Investite mezzo stipendio tra taglio, permanente, colore, messa in piega, viaggio in pullman,
pernottamento in ostello della gioventù, un paio di scarpe nuove trovate alle Matte.
Ma siete contenti, è una piccola avventura. Raggiungete il luogo della
cerimonia.
A quel punto vorreste che il tempo si fermasse a prima della
premiazione. Quasi non lo volete più, quel premio. Volete continuare a sognare.
E se non avete vinto, cosa che forse è anche la più probabile? E se fosse stato
un viaggio inutile? E se foste rimasti a casa? E se… E se…
Ma è bello galleggiare nella bolla spazio-temporale in cui tutto può ancora
avvenire. È bello che le cose debbano ancora fare il loro corso. È bello,
almeno per un’altra oretta, non sapere.
La sala comincia a riempirsi, voi siete ancora in piedi all’ingresso,
anzi, un po’ di lato, in attesa che tutto inizi. Incrociate gli sguardi di
altri probabili partecipanti. Ogni sguardo, una storia. Ogni respiro, una
piccola speranza. Come voi.
Poi notate un assembramento di persone sul fondo della sala. Vi
avvicinate, sbirciate, vi beccate una frustatina in faccia da una coda di
cavallo aromatizzata al cocco.
Ci sono due signorine dietro a un tavolo. Sul tavolo, tanti libricini
tutti uguali. Su ciascun libricino, il titolo del premio letterario. Ogni
libricino, venite a sapere subito dopo, costa dieci euro.
Prima di
proseguire, immaginate quali sarebbero stati i vostri pensieri, caso mai il fatto
lo aveste vissuto davvero.
Ricapitolando: siete arrivati da Canicattì in questo comune del
bresciano dal nome un po’ barbuto un po’ lèttone. Siete in attesa dell’inizio
della cerimonia di premiazione. Ribadiamolo: la cerimonia di premiazione non ha ancora avuto inizio.
Il vostro sguardo si è posato sui libricini
messi in fila sul tavolo come soldatini. Cosa pensate? Quali domande vi ponete? E, soprattutto, cosa
fate?
Giuliana Salerno