Nelle prossime settimane riporterò qui una sintesi degli incontri del corso. Mi scuso in anticipo per qualche superficialità e inesattezza formale: l’intento principale è quello di rendere disponibile agli assenti, prima possibile, una traccia del lavoro svolto in aula.
Grazie, infine, alle persone e alle amministrazioni che fino ad oggi hanno creduto in questo progetto e l’hanno reso possibile.
Parole da… sbucciare
Lo
scrittore vive due volte
“Vivere due volte”: è il titolo di uno dei numerosi
capitoletti di Scrivere Zen di
Natalie Goldberg. Questo spunto ci è stato utile per iniziare a indagare la figura
multiforme (e multanime) dello scrittore.
“Lo scrittore vive due volte,” esordisce Goldberg.
Quando scoppia un temporale, tutti corrono a cercare riparo, a preservare
salute, comodità e il buon andamento delle loro faccende quotidiane. Diversamente,
lo scrittore torna sotto la pioggia con il taccuino e la penna in mano e
“guarda le pozzanghere, le vede riempirsi, vede le gocce di pioggia
punteggiarne la superficie. Si potrebbe dire che lo scrittore si esercita ad
essere stupido”. Perché lo scrittore “ha addestrato anche un’altra parte di se
stesso […] Quella che si mette seduta e ripercorre mentalmente tutto ciò che è
accaduto, soffermandosi a osservarne la consistenza e i dettagli”.
Essere scrittori è anche “vivere due volte”, dunque. Di più,
forse: essere scrittori significa vivere molte volte. Perché lo scrittore si
immerge nei dettagli dell’esistenza più intensamente di quanto facciano le persone
comuni. E ritrova quei dettagli più volte, rielaborandoli e trasfigurandoli,
nell’esperienza della scrittura e della riscrittura (meglio: delle
riscritture).
I
cinque sensi
Stiamo al mondo, di solito, senza troppo riflettere sul
modo in cui il mondo stesso entra in contatto con noi (e viceversa…). La nostra esperienza della realtà avviene attraverso il “ponte” dei cinque sensi che sono vista, udito, tatto, gusto e olfatto (e una più varia sensibilità mentale e corporea che potremmo genericamente chiamare “sesto senso”).
Uno dei primi passi per diventare scrittori è, probabilmente, sviluppare una maggiore consapevolezza dei modi in cui facciamo esperienza della realtà. L’esperienza sensoriale è quella che accomuna gli esseri umani e che permette loro di comunicare.
I personaggi delle nostre storie saranno sempre immersi in
un luogo dove farà caldo o freddo, ci sarà buio, luce o penombra, si percepiranno odori,
suoni e sensazioni. Notare ed evidenziare alcuni di questi dettagli ci permetterà di
comunicare meglio con i nostri lettori. Perché anche la nostra memoria e la
nostra immaginazione sono “abitate” dai cinque sensi: se chiedo a qualcuno di
ricordare il profumo e il sapore del caffè, probabilmente sarà capace di farlo.
Se, quindi, saremo capaci di rappresentare anche nei nostri scritti odori e
sapori noti, i nostri lettori potranno, a loro volta, percepirli.
Scriveva Flannery O’ Connor:
“La narrativa
opera tramite i sensi e uno dei motivi per cui, secondo me, scrivere dei
racconti risulta così arduo è che si tende a dimenticare quanto empo e pazienza
ci vogliano per convincere tramite i sensi. Se non gli viene dato il modo di
vivere la storia, di toccarla con mano, il lettore non crederà a niente di quel
che il narratore si limita a riferirgli. La
caratteristica principale e più evidente della narrativa è quella di affrontare
la realtà tramite ciò che si può vedere, sentire, odorare, gustare,
toccare. E questa è una
cosa che non si può imparare con la testa; va appresa come un’abitudine, come
un modo abituale di guardare le cose.”
da
Nel territorio del diavolo, Theoria,
Roma 1997
Quindi, una delle prime cose da fare, per chi desidera
scrivere efficacemente, è allenarsi a sviluppare una straordinaria sensibilità
percettiva. Fare attenzione
all’intensità della luce e dell’ombra, dei colori, al caldo e al freddo, al ruvido e al liscio, a ciò che avviene dentro e fuori di noi e che percepiamo attraverso
i sensi.
Alcuni
suggerimenti per “sbloccarsi” di fronte alla pagina bianca (siamo ancora nella
fase di “pre-scrittura”)
Nota: prima di iniziare a scrivere, fare un bel respiro (ma
anche due, tre, quattro…). Chissà perché ogni tanto ci dimentichiamo di
respirare (io sono la prima a soffrire di "affanni" di varia origine...). J
Free Writing
Provare a cogliere, come ancora suggerisce Natalie
Goldberg, la travolgente energia dei “primi pensieri”, ovvero dei pensieri non
mediati né filtrati dal buonsenso, dalle paure, dal nostro “censore interno”,
dalla preoccupazione di essere, poi, giudicati dagli altri, da motivi di
convenienza sociale. Quindi:
- scrivere le prime cose che ci vengono in mente (meglio: trascriverle pari pari, per stupide e incoerenti che possano
sembrarci);
- non staccare la penna dal foglio;
- non lasciarsi invischiare dalla logica: in questa
prima fase, lasciarsi andare a ricordi, immagini, libere associazioni
mentali;
- non far caso alle regole di grammatica, sintassi e ortografia: il momento di correggere e rivedere il testo verrà più avanti.
“Clustering” (o “mappe
mentali”, o “costellazioni di parole”)
Si prende un foglio bianco e si scrive nel centro una
parola. Tutto intorno, una dopo l’altra, si scrivono o si disegnano le parole e
le immagini che ci vengono in mente. Potranno essere ricordi, immagini,
associazioni di concetti, metafore, parole chiave, citazioni. Poi si prende un
altro foglio e si scrivono frasi che contengano le parole che intanto si sono
sviluppate sul foglio; oppure si segue l’onda di un’idea che, nel frattempo, si
è sviluppata nella nostra mente. Moltissimi esempi grafici di questa tecnica
sono reperibili in rete. Basta digitare in qualsiasi motore di ricerca "mappe mentali"...
Laboratorio
Esercitazione in aula dal titolo “Racconto di un’esperienza unica (e
multisensoriale)…”
Per dettagli sugli intenti e i materiali visivi/auditivi/olfattivi/gustativi/tattili
proposti, frequentare il corso ;-)
Tracce degli
esercizi per sabato 17 marzo (qui: http://eppursiscrive.blogspot.com/2012/03/esercizi-per-sabato-17-marzo.html)
(v. post
successivo)
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