“Già. Nessuno, difatti, me ne
aveva mai parlato prima. Voglio diventare uno stregone anch’io. Mi puoi
insegnare?”
“Bimbo rompiballe! Vedi, io al
mio paese faccio il panettiere, lavoro di notte e dormo di giorno. Faccio una
normalissima vita di merda, sono un banale uomo normale. Casa, lavoro, Chiesa.
Divento stregone solo quando vengo qui al tuo paese e solo finché ho soldi in
tasca per bere. Mi stravolgo e divento speciale. Finiti i soldi non sento più
nulla, niente elfi, niente radici che bevono acqua, niente vermi che scavano.
Quindi non sono un vero e proprio stregone, anzi a dirla tutta, ieri sera ho finito
i soldi, perciò oggi ho smesso di essere stregone. Fra poco vado in paese e
chiamo il solito autonoleggio e mi faccio riportare a casa. Tanto pagherà mia
sorella appena arriviamo al panificio”.
“Quando ritorni a fare lo
stregone?” gli chiesi.
“E che ne so io? Che strasciaball
che te se!!! Forse fra sei mesi, forse fra un anno. Insomma quando starò
scoppiando mi ripresenterò qui in paese, berrò dalla mattina alla sera e
tornerò ad essere uno stregone. Adesso vai a scuola. Via, via, foeura di ball.”
Intanto che mi parlava cercava di alzarsi, ma ricadeva. Era chiaro che per una decina di minuti non ce l’avrebbe fatta.
“Allora io ti aspetto quando torni, così imparo anch’io. Adesso vado ché sono in ritardo”.
Aspettai il ritorno del Balbian
per qualche anno, ma da quel giorno non lo vidi più. Andavo spesso sotto la
grande quercia e mi sdraiavo per terra con l’orecchio premuto contro il
terreno. Ma non sentivo quello che sentiva lui. Certo, io non ero uno stregone
e lui non tornava per insegnarmi ad esserlo.
Da ragazzo poi mi capitò di dormirci sotto da ubriaco, e qualcosa forse sentivo anch’io, ma non seppi mai se quei rumori fossero dovuti agli elfi o alla suggestione di quel luogo un po’ magico, certo è che ogni tanto mi capitava di svegliarmi e trovare dei funghi che la sera prima non c’erano.
Seppi in seguito che il Balbian…
Nessun commento:
Posta un commento