lunedì 8 aprile 2013

Incontro con Daria Bignardi




Da "Il popolo cattolico" di sabato 30 marzo 2013
Continuano gli appuntamenti culturali organizzati dall’associazione Clementina Borghi. Dopo il bagno di folla riservato allo storico dell’arte Flavio Caroli, giovedì 21 marzo è stata la volta di Daria Bignardi, giornalista e scrittrice, ospite della nostra città presso l’auditorium dell’ex Cassa Rurale per presentare il suo ultimo romanzo L’acustica perfetta (edito da Mondadori, titolo e copertina bellissimi) terza fatica dopo il fortunato esordio di Non vi lascerò orfani e Un karma pesante.
La scrittrice, aspetto minuto, battuta e sorriso sempre pronti, come si conviene per una conduttrice consumata come lei, avvezza ai tempi e ai ritmi della televisione, ha raccontato la trama della sua ultima fatica, per poi sottoporsi alle domande del pubblico. “Avevo voglia di parlare d’amore attraverso una grande storia romantica”, ha detto, “salvo poi capire che parlo d’amore per parlare in realtà di qualcos’altro: la ricerca del sé, le incomprensioni, i silenzi, la paura, il dolore”.
Arno e Sara si conoscono da adolescenti, poi non si vedono per sedici anni, si ritrovano da adulti, si sposano, hanno figli: ma un giorno Sara scompare, lasciando un biglietto: “Non posso non farlo”. Inizia qui il disperato viaggio di Arno, musicista della Scala, alla ricerca non solo della moglie, ma inevitabilmente anche di se stesso, costretto dagli eventi a rispondere a domande alle quali non aveva mai voluto dare risposta. Arno è un nome di origine etrusca e significa “promontorio roccioso lambito dal mare”; “Così è il mio personaggio”, dice la Bignardi, “Una persona che crede di avere solide certezze, che non ha voglia di sviscerare il dolore, di capire. Sara sì, invece. Sara è il mare”. Il mare è un elemento che compare spesso nella storia, a simboleggiare la profondità, l’andare a fondo delle cose; al contrario di Milano, città nella quale vivono, ma di cui emerge solo l’idea, a parte il luogo sacro della Scala. Arno è Milano. L’autrice ha scelto di raccontare il punto di vista maschile perché personaggio più complesso, più interessante, “Perché mettermi dalla parte di lui è stato liberatorio” dice ancora lei “ho potuto usare un linguaggio diverso e questo mi è piaciuto molto”. Dopo tanta ricerca e un inatteso finale ci resta nel cuore un personaggio contraddittorio che assomiglia, almeno in parte, a ciascuno di noi, e che, in realtà, amiamo fin da subito, fin dalle sue prime parole, quelle dell’incipit: “Ho amato nella vita una donna sola. Quando mi lasciò non la rividi per sedici anni”.

Daniela Invernizzi




3 commenti:

  1. Chissà quante volte siamo stati lambiti dalla profondità e non ci siamo tuffati.

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  2. Paura di annegare. Paura di nuotare. Paura di non rivedere la terra ferma. Insomma, stupide legittime umane paure.

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  3. Dopo la dipartita del mio compagno, con la "nuova" consapevolezza, ho "visto" con occhi diversi la vita e ho capito che si può nuotare in questo mare infinito e la terraferma non è mai lontana!

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