[...] Come lo stesso Sciascia spiegò più tardi, La scomparsa di Majorana fu scritto
sull’onda dell’indignazione provata nel sentire un fisico (Segrè) compiacersi
di aver contribuito alla costruzione della bomba A. Ettore Majorana, dunque,
nel racconto “misto di storia e d’invenzione” di Sciascia – e
nell’immaginazione dello scrittore – assurgerebbe a simbolo dello scienziato
dotato di buon senso che, davanti a scoperte potenzialmente distruttive, decide
di fermarsi e rinunciare.
In molti punti del suo volumetto, Sciascia prepara il campo
alla tesi che ha prestabilito e che avanzerà indipendentemente dalle reali
motivazioni che avrebbero spinto Ettore Majorana a scomparire. “Avrebbero” spinto,
perché le ragioni della sua scelta restano ad oggi oscure, essendo ambigue le sue
ultime esternazioni scritte: le lettere a Carrelli e quella alla famiglia.
Sciascia, dunque, cala su eventi storici e biografici una
finzione letteraria funzionale al messaggio che desidera trasmettere; e lo fa,
ad esempio, nel capitolo IV, quando associa il tragico evento del bambino
bruciato nella culla, fatto di cronaca in cui la famiglia Majorana era stata
chiamata in causa per uno sciagurato errore, a un’immagine di fuoco e morte che
alluderebbe al disastro nucleare.
Lo fa, inoltre, nel capitolo VII, mettendo in rilievo la
suggestione delle parole conclusive di un saggio in cui Majorana commentava la
disintegrazione di un atomo radioattivo e la possibilità che una “catena complessa
e vistosa di fenomeni” sia “comandata” da tale disintegrazione accidentale.
E lo fa ancora, Sciascia, nel capitolo X, quando evidenzia
di Majorana, oltre alla
“profondità e prontezza di
intuizione, una sicurezza di metodo, una vastità di mezzi e una capacità di
rapidamente selezionarli, che non gli avrebbero precluso di capire quello che
altri non capiva,”
anche la facoltà di
“vedere quel che altri non
vedeva – e insomma di anticipare, sul piano delle ricerche e dei risultati, sul
piano della intuizione, della visione, della profezia”.
Poco più avanti Sciascia presenta come fondata l’ipotesi che Majorana avesse potuto, in quanto – secondo il parere di Enrico Fermi – genio alla stregua di Galileo e Newton,
“vedere o intuire quel che scienziati di terzo, secondo e primo rango ancora non vedevano o non intuivano”.
Si è portati a interrogarsi sulla legittimità della
commistione tra realtà e immaginazione operata da Sciascia e sul servigio che
in tal modo l’autore abbia reso a Majorana. Avrebbe quest’ultimo condiviso la
tesi dello scrittore? Ne sarebbe divenuto di buon grado simbolico portavoce? Non
lo sappiamo. E proprio perché non lo sappiamo, al tema della responsabilità
dello scienziato si aggiunge quello della responsabilità dello scrittore nei
confronti delle persone e dei fatti che costituiscono provvista di storie e
spunti di ispirazione.
Ad ogni buon conto, La
scomparsa di Majorana, pur lasciandoci dubbiosi circa l’opportunità delle “forzature”
che vi sono contenute, resta un saggio di grande finezza letteraria che, come si
è detto, ha contribuito a creare interesse intorno alla questione. (Continua…)

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