sabato 11 febbraio 2012

Il nucleo denso del caso Majorana (Puntata 4 di 7)

[...] Come lo stesso Sciascia spiegò più tardi, La scomparsa di Majorana fu scritto sull’onda dell’indignazione provata nel sentire un fisico (Segrè) compiacersi di aver contribuito alla costruzione della bomba A. Ettore Majorana, dunque, nel racconto “misto di storia e d’invenzione” di Sciascia – e nell’immaginazione dello scrittore – assurgerebbe a simbolo dello scienziato dotato di buon senso che, davanti a scoperte potenzialmente distruttive, decide di fermarsi e rinunciare.
In molti punti del suo volumetto, Sciascia prepara il campo alla tesi che ha prestabilito e che avanzerà indipendentemente dalle reali motivazioni che avrebbero spinto Ettore Majorana a scomparire. “Avrebbero” spinto, perché le ragioni della sua scelta restano ad oggi oscure, essendo ambigue le sue ultime esternazioni scritte: le lettere a Carrelli e quella alla famiglia.
Sciascia, dunque, cala su eventi storici e biografici una finzione letteraria funzionale al messaggio che desidera trasmettere; e lo fa, ad esempio, nel capitolo IV, quando associa il tragico evento del bambino bruciato nella culla, fatto di cronaca in cui la famiglia Majorana era stata chiamata in causa per uno sciagurato errore, a un’immagine di fuoco e morte che alluderebbe al disastro nucleare.
Lo fa, inoltre, nel capitolo VII, mettendo in rilievo la suggestione delle parole conclusive di un saggio in cui Majorana commentava la disintegrazione di un atomo radioattivo e la possibilità che una “catena complessa e vistosa di fenomeni” sia “comandata” da tale disintegrazione accidentale.
E lo fa ancora, Sciascia, nel capitolo X, quando evidenzia di Majorana, oltre alla
 
 
“profondità e prontezza di intuizione, una sicurezza di metodo, una vastità di mezzi e una capacità di rapidamente selezionarli, che non gli avrebbero precluso di capire quello che altri non capiva,”
 
 
anche la facoltà di
 
 
“vedere quel che altri non vedeva – e insomma di anticipare, sul piano delle ricerche e dei risultati, sul piano della intuizione, della visione, della profezia”.


Poco più avanti Sciascia presenta come fondata l’ipotesi che Majorana avesse potuto, in quanto – secondo il parere di Enrico Fermi – genio alla stregua di Galileo e Newton,


“vedere o intuire quel che scienziati di terzo, secondo e primo rango ancora non vedevano o non intuivano”.
 
 
Si è portati a interrogarsi sulla legittimità della commistione tra realtà e immaginazione operata da Sciascia e sul servigio che in tal modo l’autore abbia reso a Majorana. Avrebbe quest’ultimo condiviso la tesi dello scrittore? Ne sarebbe divenuto di buon grado simbolico portavoce? Non lo sappiamo. E proprio perché non lo sappiamo, al tema della responsabilità dello scienziato si aggiunge quello della responsabilità dello scrittore nei confronti delle persone e dei fatti che costituiscono provvista di storie e spunti di ispirazione.
Ad ogni buon conto, La scomparsa di Majorana, pur lasciandoci dubbiosi circa l’opportunità delle “forzature” che vi sono contenute, resta un saggio di grande finezza letteraria che, come si è detto, ha contribuito a creare interesse intorno alla questione. (Continua…)


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