giovedì 22 settembre 2011

Provarci, sempre

Una cara amica di “Eppur si scrive”, che ringrazio, mi ha inviato qualche tempo fa una poesia di Charles Bukowski che non conoscevo. La poesia si intitola “E così, vorresti fare lo scrittore?” e dà anche il titolo, ho scoperto poi, a una raccolta postuma uscita in Italia per Guanda e tradotta da Simona Viciani.

Nella versione originale la poesia si intitola “So, you want to be a writer?”. Il testo evoca il messaggio che sulla lapide dello scrittore (e anche in una delle sue poesie) recita “Don’t try” (Non provare). Bukowski spiega la frase in una lettera del 1963 (il brano che segue è tratto da Wikipedia):

«Qualcuno in uno di questi posti... mi chiese: “Cosa fai? Come scrivi, come crei?" Non lo fai, gli dissi. Non provi. È molto importante: non provare, né per le Cadillac, né per la creazione o per l'immortalità. Aspetti, e se non succede niente, aspetti ancora un po’. È come un insetto in cima al muro. Aspetti che venga verso di te. Quando si avvicina abbastanza, lo raggiungi, lo schiacci e lo uccidi. O se ti piace il suo aspetto ne fai un animale domestico.»

Il consiglio di “non provare” mi trova in totale – o quasi totale – disaccordo, dal punto di vista sia morale che strettamente tecnico. Come molti, scrivo con esiti alterni: a volte meglio, a volte peggio. Ci sono periodi in cui sono piena di idee che aspettano solo di essere “fissate” sul foglio bianco e trasformate in storie; e ce ne sono altri in cui faccio fatica a mettere insieme due parole. Ma anche nelle giornate in cui scrivere è più difficile e provo la sensazione che sarebbe saggio dedicarmi ad altro, non rimpiango mai di averci almeno “provato”.
 
Provarci è un gesto di fiducia verso di sé e verso chi avrà la pazienza di leggerci anche quando avremo prodotto mezzo chilo di fuffa. Provarci (e spesso, non riuscirci) è l’anello di congiunzione con il riprovarci domani (e forse, riuscirci). È come percorrere a tentoni un corridoio buio: prima o poi ci sarà una porta, e oltre la porta, forse, una stanza illuminata. Ma intanto, avremo imparato a camminare nell’oscurità.

Per tornare a Bukowski e alla distanza siderale che mi divide da lui (in termini di approccio alla vita e, soprattutto, di talento – il suo, ovviamente), ho voluto fare dell'incontro con questa poesia un’occasione di “cimento” e di dialogo con l’autore.

Vi propongo allora, oltre ai versi dirompenti di Bukowski, una versione rimaneggiata dello stesso scritto, che propone la filosofia opposta, improntata alla fiducia nel gesto quotidiano di scrivere. A volte meglio, a volte peggio. Anche quando costa fatica e sembra che non abbia senso farlo.
Il nuovo testo altro non è che un esercizio di riscrittura. È dedicato a voi che amate scrivere e parlare di scrittura, perché sentite che vi fa bene e perché avete voglia di... provarci.

E così vorresti fare lo scrittore?
 
Se non ti esplode dentro
a dispetto di tutto,
non farlo
a meno che non ti venga dritto
dal cuore e dalla mente e dalla bocca
e dalle viscere,
non farlo.
 
se devi startene seduto per ore
a fissare lo schermo del computer
o curvo sulla macchina da scrivere
alla ricerca delle parole,
non farlo.
 
se lo fai solo per soldi o per fama,
non farlo
se lo fai perché vuoi
delle donne nel letto,
non farlo.
 
Se devi startene lì a
scrivere e riscrivere,
non farlo.
se è già una fatica il solo pensiero di farlo,
non farlo.
 
se stai cercando di scrivere come qualcun altro,
lascia perdere.
 
se devi aspettare che ti esca come un ruggito,
allora aspetta pazientemente.
se non ti esce mai come un ruggito,
fai qualcos'altro
 
se prima devi leggerlo a tua moglie
o alla tua ragazza o al tuo ragazzo
o ai tuoi genitori o comunque a qualcuno,
non sei pronto.
 
non essere come tanti scrittori,
non essere come tutte quelle migliaia di
persone che si definiscono scrittori,
non essere monotono o noioso e
pretenzioso, non farti consumare dall'autocompiacimento
 
le biblioteche del mondo
hanno sbadigliato
fino ad addormentarsi per tipi come te
non aggiungerti a loro
non farlo
 
a meno che non ti esca
dall'anima come un razzo,
a meno che lo star fermo
non ti porti alla follia o
al suicidio o all'omicidio,
non farlo
a meno che il sole dentro di te stia
bruciandoti le viscere,
non farlo.
quando sarà veramente il momento,
e se sei predestinato,
si farà da sè e continuerà finchè tu morirai o morirà in te.
 
non c'è altro modo
e non c'è mai stato.
 
 
Charles Bukowski

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E così, vorresti scrivere? Bene. 
 
Che ti esploda dentro o che sia solo un mormorio sommesso,
scrivi.
Anche se sembra 
che la voce stoni
che il cuore menta
che la bocca finga
che il sangue geli,
scrivi. 
 
Se è solo una parola al giorno,
scrivi. 
Un giorno saranno due, e poi quattro, e poi otto. 
  
Se lo fai per soldi o per fama,
scrivi comunque. 
Se lo fai perché vuoi delle donne nel letto, immaginale
e scrivi di loro. 
 
Se devi startene lì 
scrivere e riscrivere,
fallo. 
Se è già una fatica solo il pensiero di farlo,
smetti di pensare e scrivi. 
 
Se stai cercando di scrivere come qualcun altro,
chiediti se è quello che vuoi davvero. 
 
Se devi aspettare che ti esca come un ruggito, aspetterai tutta la vita. 
Se non ti esce mai come un ruggito, aspetta pazientemente, ma intanto scrivi. 
 
Se prima devi leggerlo a tua moglie 
o alla tua ragazza o al tuo ragazzo o ai tuoi genitori
o comunque a qualcuno, ringraziali della pazienza e delle critiche.
 
Non essere come tanti scrittori, 
non essere monotono o noioso o pretenzioso,
non farti consumare dall’autocompiacimento:
scrivi. 
 
Le biblioteche del mondo ti aspettano
per condividere il loro immenso multanime contraddittorio sporco prezioso tesoro 
Non temere di versare la tua goccia
nel mare,
scrivi. 
 
Che sia o meno un razzo
esploso dalla tua anima,
scrivi.
Anche se domi le tue follie
se non ti travolgono istinti di vita o morte,
se il tuo sole scalda senza bruciare,
scrivi. 
 
Sarà fatica – spesso.
Sarà dolore – a volte. 
Si farà da sé – a un tratto.  
Sarà una gioia – rara. 
Sei tu a predestinarti,
a determinare il momento. 
Continuerà finché tu morirai
o morirà in te.
 
Non c'è altro modo
e non c'è mai stato:
scrivi. 

Giuliana Salerno


 
 








3 commenti:

  1. e così sei anche una poetessa, bene,bene,bene...
    ( e grazie per gli incoraggiamenti)
    Dany
    p.s.: bella la foto!:-)

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  2. Che dire, in entrambe le poesie si legge forte la voglia di scrivere, cambia solo il modo in cui la scrittura viene alla luce...esplodendo furiosamente o accostandosi con tenerezza. ciao

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  3. Bukowski è ben conscio del proprio talento, indica solo una via, obbligata e necessaria per la scrittura, quasi per togliere ogni speranza a chi voglia solo provare ad emularlo. Sembra che dica: "Si scrive solo così altrimenti sei altro, un mero cronista". Oltre a ciò sento un forte narcisismo: come se voglia farti capire che lui, scrittore, c'è nato e che nonostante la sua vita bruciante e bruciata, sia riuscito a lasciare caplavori. Devo dire che un pò, ha proprio ragione.
    Di Giuliana apprezzo invece l'atteggiamento dell'atto di volontà, del "volli, sempre volli", dello scrivere che viene fuori dal grezzo come l'opera d'arte di Michelangelo dal blocco di marmo.
    Io mi sento un pò a metà fra le due posizioni, sento che lo scrivere è per me come un atto di "capace estrosità", di voglia di raccontare sostenuta da un minimo di abilità.
    Per esempio, a me piacerebbe sapere scrivere come i grandissimi e compianti Beppe Viola e Gianni Brera. I loro argomenti erano in genere di calcio e sport ma ogni loro pezzo era ed è per me, genialità espressiva, condensata in lampi di inarrivabile ilarità, intelligenza, leggerezza e rapidità espressiva. Degli Italo Calvino del giornalismo e scrittura "sportiva".
    Del resto sono un bancario, cosa volete che legga oltre ai bilanci, al codice civile ed alla Gazzetta dello Sport?
    Stefano S.

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