Le full immersion migliori sono quelle che ci capitano senza esserci preparati a viverle, e che si verificano perché qualcosa, da qualche parte, è andato storto o non è andato secondo programma. Un appuntamento saltato all’ultimo momento. Un impegno rinviato. Un guasto al treno che, nello stesso tempo (per l’appunto: nello stesso tempo), azzera e dilata il tempo che ciascun viaggiatore si illudeva di poter controllare dal suo orologio.
L’imprevisto apre il sipario su una scena in cui non sappiamo di essere attori, e dove allora siamo più autenticamente noi. Dove possiamo dare il peggio o il meglio di noi stessi. Possiamo rimanere avvinghiati al programma che avevamo meticolosamente messo a punto, e arrabbiarci perché è andato in aria. Oppure possiamo rilassarci e godere di quello scarto inatteso di ore e minuti, di quell’intervallo regalato tra il prima e il dopo. Riempirlo con un incontro, qualche parola gentile, un respiro, un po’ di silenzio o un altro inizio.
Il seminario di scrittura creativa che Raul Montanari ha tenuto a conclusione del
festival Presente Prossimo, pur essendo un evento inserito in calendario con adeguato
anticipo, ha avuto le caratteristiche migliori di una full immersion imprevista. È stato pieno, profondo, intenso, coinvolgente.
Faticoso, impegnativo. E ha avuto dentro di sé un tempo dilatato da riempire come l’intervallo
di cui sopra: con un nuovo incontro, qualche parola gentile, un respiro profondo,
un po’ di silenzio, un altro inizio.
Giuliana Salerno
Bello.
RispondiEliminaDany