martedì 18 ottobre 2011

Condividere e/o competere


Oggi una nostra amica (non vi dico chi è, per tenervi un po’ sulle spine; chiamiamola Vincy) mi ha scritto di essere tra i finalisti di un premio letterario piuttosto conosciuto in Italia.

Vincy ha scritto bellissimo racconto breve, dolce e malinconico. Stamattina l’ho riletto e, sul finale – una frase breve, un colpo secco nello stomaco – ho avuto i brividi.

Antefatto: quando le modalità di partecipazione al concorso sono state rese pubbliche, Vincy non si è tenuta per sé la notizia, ma l’ha diffusa tra amici e colleghi distribuendo addirittura fotocopie del bando. E allora, tutti a scrivere, tutti a provare e a confrontarsi.

Vincy ha trasformato l’esperienza di scrittura in quello che amo di più: un intreccio di competizione e condivisione. Il gioco di uno solo è diventato la corsa di molti. Ciascuno ha cercato di dare il meglio, anche perché quando ci si misura con una dimensione pubblica si lavora con cura particolare.

Passo ad altri paesaggi e sentimenti.

Proprio ieri, su facebook, qualcuno annunciava sarcasticamente la tiratura di circa 600.000 copie dell’ultimo libro di Fabio Volo e invitava a “un minuto di silenzio”.

E giù commenti sul “mazzo” che gli autori “seri”, ma sostanzialmente sommersi, devono farsi perché il proprio editore pubblichi mille copie risicate dei loro testi. E sull’Italia che ci meritiamo dei libri di ricette, dei Fabio Volo e dei Bruno Vespa impilati all’entrata delle Mondadori (i libri, non Bruno Vespa) e delle trasmissioni ammazza-pensiero. Sull’editoria italiana che ha ormai abdicato al ruolo di formatore culturale in favore del mestiere di allevatore di polli.

Ecco, tutto questo probabilmente è vero e sacrosanto, e il dato delle 600.000 copie di un libro di Fabio Volo va letto con preoccupazione.

Ma perché – a livello individuale, non sociologico, intendo – starci così male? Perché lasciarsi andare a manifestazioni di puro odio nei confronti del personaggio? Perché disprezzare tanto e rosicare?

È una questione di dimensioni, mi sentirò rispondere. Una cosa è il premio letterario di provincia al quale si partecipa in gruppo, quasi per gioco, e si è tutti contenti al di là del risultato. Altra cosa è dedicare ore, giorni, anni al mestiere dello scrittore, dover arrotondare a fine mese con sotto-lavori malpagati e precari e vedere Benedetta Parodi che svetta in  classifica.

Eppure, eppure… È anche questione di principio, a mio avviso, non solo di dimensioni.

Siamo noi a scegliere i nostri modelli, ma soprattutto a scegliere da quali eventi farci influenzare nell'umore e nelle azioni. Il mio modello non è Fabio Volo, anche se venderà un milione di copie, e non è Bruno Vespa. I miei modelli sono coloro che hanno riconosciuto il proprio talento anche potenziale (nell’arte, nella scienza, nel volontariato, nello sport, nel ruolo di genitore etc.) e hanno sentito la responsabilità di nutrirlo ogni giorno, di non farlo sfiorire.

Un mio modello è Roberto Saviano, che non poteva fare a meno di scrivere – meglio, di documentare – quella storia lì. Un mio modello è Leonardo Sciascia, che ha sentito di dover parlare di mafia e di connivenza tra potere politico, economico e religioso in un modo in cui nessuno aveva fatto prima. Un altro è Roberto Benigni, in particolare il Benigni che spiazza e incanta con le lezioni su Dante (ce lo saremmo aspettato dal genio di Johnny Stecchino? Forse sì), dimostrando che una passione può sorprenderci e trasformarci.

 FORZA, Vincy ;-)

3 commenti:

  1. Perdona il mio "nome" NON MI RICORDO, la voglia di fare qualcosa in più per lo spettacolo. Il blog avrebbe avuto bisogno di un tempo maggiore di quello che posso dedicargli e dopo quella sera, il silenzio. Ginetta Maria Fino

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  2. Cara Ginetta, "Non mi ricordo" è un nome bellissimo! Ciascuno di noi fa quello che può, nel tempo che gli è concesso. Un pezzettino alla volta! Grazie di essere passata di qui. Giuliana

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