mercoledì 18 aprile 2012

Lezioni di Flannery O'Connor

Vi avevo promesso di comunicarvi il link gratuito di un saggio sulla scrittura di Flannery O'Connor. Mi rimangio la promessa: in quel saggio viene svelata, senza tanti indugi, la trama di “Brava gente di campagna”, uno dei racconti più celebri di questa autrice. È un vero peccato (ed è la ragione per cui vi invito a non leggere il saggio prima di aver centellinato il racconto dall’inizio alla fine, in modo da apprezzarne la fattura, la concretezza, la potenza).
Se non l’avrete fatto prima, e se vorrete, leggeremo il racconto insieme sabato prossimo. Intanto, date un'occhiata ad alcuni brani tratti dal saggio in questione, del quale riporterò titolo e riferimenti bibliografici solo la prossima settimana.
Agli estratti sotto ho aggiunto qualche titolo che dovrebbe agevolarne lo studio (sì, lo studio: perché lo considero materiale così prezioso da meritare uno studio, più che una semplice lettura).
Resistete alla tentazione di cercarlo in internet! Sarebbe come trangugiare tramezzini alla maionese prima di un pranzo a base di pesce.

Giuliana Salerno

 ***

di Flannery O’Connor

Cos’è un racconto
“Tutti credono di sapere che cos’è un racconto. Ma prova a chiedere a uno studente del primo anno di scriverne uno, ne caverai di tutto o quasi: reminiscenze, episodi, opinioni, aneddoti, di tutto, insomma, tranne che un racconto. Il racconto è un’azione drammatica compiuta, e in quelli più riusciti i personaggi si svelano attraverso l’azione, e l’azione è a sua volta condotta mediante i personaggi: il significato che se ne trae deriva dall’esperienza nel suo complesso.
[…]Un racconto implica sempre, in forma drammatica, il mistero della personalità. Ne ho prestati alcuni ad una signora di campagna che abita in fondo alla mia strada, e lei me li ha restituiti dicendo: "Beh , 'sti racconti ti fanno proprio vedere come si comporta davvero certa gente", e io ho pensato che avesse ragione; quando si scrivono racconti, bisogna accontentarsi di cominciare proprio da lì: facendo vedere come certa gente si comporterà, malgrado tutto.

Storie, non teorie
Si tratta, certo, di un livello molto umile da cui partire, e infatti molti tra quelli convinti di voler scrivere racconti  non sono disposti a cominciare da lì. Vogliono parlare di problemi, e non di persone, di questioni astratte, non di situazioni concrete. Hanno un’idea, un sentimento, un io strabocchevole, o vogliono essere Scrittori, oppure elargire saggezza in forme abbastanza semplici perché il mondo abbia ad assorbirle. In ogni caso, non hanno una storia in testa, e se anche l’avessero non sarebbero disposti a scriverla; in assenza di storia, partono alla scoperta di una teoria, di una tecnica, di una formula.

Conoscere attraverso i sensi
[…] La narrativa opera attraverso i sensi, e uno dei motivi per cui, secondo me, scrivere racconti risulta così arduo è che si tende a dimenticare quanto tempo e pazienza ci vogliono per convincere attraverso i sensi. Se non gli viene dato modo di vivere la storia, di toccarla con mano, il lettore non crederà a niente di quel che il narratore si limita riferirgli. La caratteristica principale, e più evidente, della narrativa è quella d’affrontare la realtà tramite ciò che si può vedere, toccare, sentire, odorare e gustare.
È questa una cosa che non si può imparare solo con la testa; va appresa come abitudine, come modo abituale di guardare le cose. Lo scrittore di narrativa deve rendersi conto che non è possibile suscitare la compassione con la compassione, l’emozione con l’emozione, o i pensieri con i pensieri. A tutte queste cose bisogna dare corpo, creare un mondo dotato di peso e di spessore.
Ho notato che i racconti dei principianti sono solitamente infarciti di emozioni, ma di chi siano queste emozioni spesso è difficile determinare. Il dialogo procede sovente senza il sostegno dei personaggi che sia dato vedere, mentre il pensiero fuoriesce incontenibile da ogni angolo del racconto. Ciò avviene perché il principiante è tutto preso dai suoi pensieri ed emozioni, anziché dall’azione drammatica, ed è troppo pigro o ampolloso per calarsi nel concreto, dove opera la narrativa. È convinto che il giudizio stia da una parte e le impressioni dei sensi dall’altra. Per lo scrittore di narrativa, invece, il giudizio comincia proprio dai particolari che vede e da come li vede.

Imparare a guardare
[…] Imparare a guardare, infatti, è la base per l’apprendimento di qualsiasi arte, tranne la musica. Molti dei narratori che conosco dipingono, non perché siano particolarmente dotati, ma perché dipingere li aiuta a scrivere. Li costringe ad osservare le cose. Scrivere narrativa non è tanto questione di dire cose, quanto piuttosto di mostrarle.
Affermare tuttavia che la narrativa procede per particolari non significa limitarsi ad accumularli meccanicamente l’uno sull’altro. I particolari devono rientrare in un disegno complessivo, e ogni particolare va messo al servizio dell’intento del narratore. L’arte è selettiva. Quello che c’è è essenziale e crea movimento.

Sul significato del racconto
[…] Quando puoi stabilire quale sia il tema di un racconto, scinderlo dalla storia stessa, alla sta’ pur certo che il racconto non è un granché. Il significato deve essere incorporato nella storia, calato nel concreto. Il racconto è un modo per dire qualcosa che non può essere detto in nessun altro modo; per trasmetterne il significato, ogni singola parola è indispensabile. Le storie si raccontano perché una serie di considerazioni risulterebbe inadeguata. Se qualcuno ci chiede di cosa tratti una storia, l’unica è rispondergli di leggersela.

Show, don’t tell
Il tipico problema dello scrittore di racconti è come far sì che l’azione descritta riveli quanto più possibile del mistero dell’esistenza. Ha poco spazio per farlo, e le considerazioni non bastano. Deve mostrare, non parlare, e mostrare il concreto: il suo problema è, quindi, fare in modo che il concreto assolva un doppio compito.”

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