lunedì 7 maggio 2012

Sicilia a Treviglio - di Laura Fagnani

Era sola in casa, in quella tarda mattinata estiva: solo il ticchettio della sveglia scandiva il silenzio. Aveva voglia di qualcosa di fresco e croccante per pranzo. L’insalata siciliana, sì. Avrebbe preparato proprio quella.

Prese la grossa arancia dal vassoio della frutta. Ne tastò la consistenza piena: era perfetta. Lucida, anche se leggermente rugosa, con la buccia che sembrava quasi corrucciarsi intorno al corto ramo: in quel momento rimpianse di averne buttato le foglie, con noncuranza.
L’arancia era tonda quanto l’anima più bianca del finocchio, a cui asportò velocemente i gambi superiori e le leggere foglioline, come di piuma.

Poi, con il coltello più grande, pian piano iniziò ad affettare sottilmente il frutto dorato. Ma quando il sugo colò sul tagliere, si fermò: ci intinse un dito e se lo portò alla bocca.
Aspro e dolce insieme.
L’unione di due contrasti.
Quel frutto le somigliava!

Il profumo dell’arancia si sparse per tutta la cucina, e le ricordò il Natale. Forse per questo sceglieva, per sé, sempre profumi agrumati? Il sentore di neroli o di zagara le riportava alla mente l’infanzia: di chi era stato quel profumo… "buono"?

Riprese ad affettare, stando concentrata per mantenere intatta la rotondità del frutto: l’affascinavano quei cerchi perfetti – piccoli soli – la cui raggiera partiva dal nucleo bianco vellutato. Tante volte, negli ultimi tempi, aveva disegnato un centro e raggi multicolori, in diverse varianti, mai paragonando – sino ad oggi – i suoi dipinti a questo frutto che si trovava ora davanti. 

Cercò poi la stessa centralità e la stessa sottigliezza nel finocchio, partendo dalla sua base: affettarlo era più facile, per la maggior solidità della polpa croccante e traslucida, da cui si levava un lieve sentore d’anice. 

Dall’alto dell’antica dispensa prese una grande teglia decorata da un bordo di foglioline scure: ci dispose tutte le fettine di finocchio e sopra quelle d’arancia. Poi una manciata di sale, facendolo scorrere tra il pollice e le altre dita, per saggiarne la giusta quantità; aggiunse un poco di pepe e ancor meno di un ingrediente segreto. Infine le grosse olive scure.

Contemplò il tutto, soddisfatta dei colori a contrasto e dell’aroma fresco che si alzava dall’ovale del piatto e ripensò, per l’ennesima volta, all’isola antica da cui proveniva la ricetta: pur sentendola "sua", non aveva ancora avuto modo di visitare quella terra.

Rammarico e decisione.
L’unione di due contrasti.
Prese il telefono e chiamò l’agenzia viaggi.

Laura Fagnani




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